Che nella scuola primaria tornassero i giudizi si sapeva già dalla scorso giugno, con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale della Legge 6 giugno 2020, n. 41 di conversione del Decreto-legge 8 aprile 2020, n. 22 recante “Misure urgenti sulla regolare conclusione e l’ordinato avvio dell’anno scolastico e sullo svolgimento degli esami di Stato”.
Quello che però non ci si aspettava era che la definizione del nuovo impianto valutativo – di indiscussa qualità ma innegabilmente complesso- arrivasse ai docenti così a ridosso delle valutazioni periodiche e per giunta con tutte le difficoltà create nel corso delle attività didattiche dall’emergenza sanitaria.
Spazzati via finalmente quei voti dolorosamente reintrodotti nel 2008 dall’allora ministro Gelmini, le alunne e gli alunni della scuola primaria si vedranno nuovamente valutati attraverso un giudizio descrittivo, come ampiamente dettagliato nell’Ordinanza e nelle Linee guida sulla formulazione dei giudizi descrittivi nella scuola primaria, emanate lo scorso 4 dicembre. E ciò avverrà sin da quest’anno, sia nella valutazione periodica che finale.
I giudizi descrittivi serviranno a valutare il livello dei traguardi formativi esplicitati nelle Indicazioni Nazionali, attraverso l’osservazione e la valutazione delle evidenze di raggiungimento degli obiettivi di apprendimento.
Ma cosa sono questi obiettivi di apprendimento? “Campi del sapere, conoscenze e abilità” che vengono ritenuti indispensabili per raggiungere i traguardi per lo sviluppo di competenze, ai quali tutte le scuole devono fare riferimento sia nella progettazione del proprio curricolo di Istituto che nella programmazione degli interventi didattici di ogni singola classe. È un obiettivo di apprendimento, ad esempio, al termine della classe terza “Leggere semplici e brevi testi letterari, sia poetici, sia narrativi, mostrando di saperne cogliere il senso globale”.
Ovviamente, la comunità dei docenti dello specifico contesto scolastico individua il repertorio degli obiettivi di apprendimento che sarà oggetto di valutazione, sia periodica che finale, nella propria scuola.
Il problema che però ora si viene a determinare è che ogni obiettivo di ogni disciplina inserito in questo repertorio dovrà comparire nel Documento di Valutazione ed essere valutato attraverso l’indicazione di un livello. Pertanto, quello che le scuole sono tenute a fare in questi giorni – e in tutta fretta- è selezionare gli obiettivi essenziali che saranno oggetto di valutazione, eventualmente anche accorpandoli in nuclei tematici e rivedendone la formulazione. Oltre ovviamente a esplicitare i criteri utilizzati per differenziare i livelli per garantire chiarezza e efficacia nella comunicazione alle famiglie. In tal modo, si potrà procedere alla formulazione di un giudizio articolato, in grado di esplicitare la complessità del processo di apprendimento di ogni singolo alunno. E tutto questo in una manciata di giorni intervallati dalle festività natalizie già afflitte dalla pandemia.
Peccato, perché, invece, l’innovazione che porta la firma del ministro Azzolina rappresenta un significativo passo in avanti verso la coerenza del sistema di valutazione nazionale. Allinea infatti la cultura della valutazione degli apprendimenti espressa nel Documento di valutazione a quella del Documento di certificazione delle competenze introdotto nel 2015. Per entrambi, il riferimento è adesso un concetto di valutazione formativa, in base al quale non è importante misurare ciò che l’alunno sa, piuttosto valutare il processo attraverso il quale raggiunge i suoi traguardi o almeno si avvicina ad essi.
Le Linee guida citano del resto, e non a caso, l’articolo 1 del decreto legislativo 62/2017, “Norme in materia di valutazione e certificazione delle competenze nel primo ciclo ed Esami di Stato”, per il riferimento ad una valutazione che ha per “oggetto il processo formativo e i risultati di apprendimento”, che “documenta lo sviluppo dell’identità personale e promuove l’autovalutazione di ciascuno in relazione all’acquisizione di conoscenze, abilità e competenze”. Il docente sarà tenuto allora alla valutazione del grado di raggiungimento di tali obiettivi. E questa volta lo potrà fare applicando gli stessi parametri previsti nel Documento di certificazione delle competenze con quattro livelli di apprendimento (In via di prima acquisizione; Base, Intermedio; Avanzato), definiti, a loro volta, tenendo conto di quattro dimensioni: il grado di autonomia dell’alunno, la familiarità o meno dell’alunno con il compito, le risorse che è in grado di mobilitare per portare a termine il compito, la continuità o la sporadicità nella manifestazione dell’apprendimento.
Tutto questo però dovrà confluire su un Documento di valutazione la cui elaborazione rimane purtroppo ancora affidata alle singole scuole autonome, lasciando presagire una pluralità di soluzioni differenti, non solo dal punto di vista grafico. Si tratta infatti di un’innovazione complessa, che richiederebbe tempi distesi e i giusti momenti di studio e approfondimento per poter comprendere a fondo le specificità del nuovo impianto valutativo. Nonché tempo per il necessario aggiornamento dei registri elettronici attualmente in uso nelle scuole.
Anche se quest’anno, in fase di prima applicazione, sono previste azioni di formazione, per i docenti sarà sempre una buona riforma ma troppo frettolosa che non avrebbero meritato di dover accogliere senza un adeguato processo di transizione.
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