In controtendenza con l’apprezzamento pressoché generalizzato che sindacati e associazioni professionali stanno manifestando nei confronti delle nuove disposizioni in materia di valutazione degli alunni nella scuola primaria, il gruppo “Il manifesto dei 500” scrive alla ministra Azzolina per chiedere il ritiro dell’ordinanza ministeriale.
Sono almeno 4 le motivazioni che inducono il Gruppo a dare un giudizio molto negativo sul provvedimento.
Innanzitutto non piace affatto al Manifesto l’idea che ogni istituzione scolastica, nell’esercizio della propria autonomia, possa elaborare il proprio documento di valutazione.
In tal modo “avremo migliaia di schede di valutazione diverse, con voci diverse, corrispondenti ad obiettivi e contenuti diversi”.
“Tutto ciò – sostiene il Manifesto – significa portare un nuovo colpo all’unitarietà del sistema scolastico italiano”.
In secondo luogo “l’Ordinanza prevede un sistema complesso nel quale ogni docente dovrà valutare una serie di sotto-voci per ogni disciplina, che poi confluiranno in un giudizio descrittivo finale”.
“Possiamo già immaginare – sostengono i docenti del Manifesto – come molti genitori, dopo aver guardato la scheda, si volgeranno verso i docenti e diranno: ‘Sì, ma mio figlio come va?’. Ciò è già successo tra la fine degli anni ’80 e l’inizio degli anni ’90 ed ha rappresentato il fallimento del modello che ora si vuole riproporre”.
Ma c’è ancora un altro aspetto legato ai quattro livelli di acquisizione delle competenze (Avanzato, Intermedio, Base, In via di prima d’acquisizione) delineato dall’ordinanza; il fatto che l’insufficienza venga eliminata rappresenta “un fatto grave per la scuola della Repubblica”.
“La valutazione – sostengono – dovrebbe rappresentare infatti, tra le altre cose, un elemento essenziale per definire e comunicare se gli alunni abbiano o no raggiunto gli obiettivi e i saperi e a quale livello”.
“La valutazione – aggiungono – è prima di tutto una garanzia per gli alunni, in particolare per i più deboli; questa garanzia viene rimessa in causa nel momento in cui si impedisce di dire chiaramente che un determinato alunno, in una determinata disciplina, risulta insufficiente”.
“Eliminando le insufficienze ‘ex lege’ – dicono ancora – si tende a negare il diritto alla ripetenza. Certamente, più gli alunni sono piccoli e più si deve fare attenzione a non provocare traumi, problemi, inibizioni. Ma da insegnanti sappiamo che in alcuni casi, seppur molto limitati, la ripetizione di un anno rappresenta non solo un diritto per poter raggiungere gli obiettivi dei curricoli, ma addirittura una forma di salvaguardia del bambino, a volte condivisa o suggerita da psicologi, psicomotricisti, logopedisti, neuropsichiatri”.
Ultima considerazione: “Specie in alcune discipline, il modello di valutazione proposto tende a sganciare l’insegnamento dalla conoscenza disciplinare per legarlo sempre più a competenze generiche e trasversali”.
Insomma una bocciatura in piena regola di una “riforma” che, finora, ha riscosso il favore di sindacati, associazioni professionali, mondo accademico.
Se una critica può essere fatta è che, forse, ci voleva più coraggio e bisognava prevede l’abolizione del voto numerico anche nella secondaria di primo grado.
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