La storia del “modello” di valutazione degli alunni della scuola primaria è piuttosto curiosa.
Fino al 1977 esisteva la pagella con i voti numerici.
Poi, in quell’anno, con la legge 517 viene introdotta la “scheda personale dell’alunno contenente le notizie sul medesimo e sulla sua partecipazione alla vita della scuola nonché le osservazioni sistematiche sul suo processo di apprendimento e sui livelli di maturazione raggiunti”.
“Dagli elementi registrati sulla scheda – recitava la legge – viene desunta trimestralmente dall’insegnante o dagli insegnanti della classe una valutazione adeguatamente informativa sul livello globale di maturazione”.
La scheda personale, con qualche variazione introdotta da circolari ministeriali successive, resiste fino al 2008 quando la ministra Mariastella Gelmini con un decreto legge emanato a settembre, pochi mesi dopo il suo insediamento a Viale Trastevere, decise che si sarebbe tornati al voto numerico.
Gelmi conclude il suo incarico nel 2011.
Da quel momento, fino al 2018 si succedono ministri di centro sinistra e questo fece pensare a molti che quella del voto numerico sarebbe stata solo una parentesi.
E invece nessuno dei Ministri che arrivarono subito dopo pensò di mettere mano ad una riforma della valutazione nella primaria.
Nulla fecero Francesco Profumo (novembre 2011/aprile 2013), Maria Chiara Carrozza (aprile 2013/febbraio 2014) e Stefania Giannini (febbraio 2014/dicembre 2016).
E non toccò nulla neppure la ministra Valeria Fedeli, con glorioso passato di sindacalista della Cgil (dicembre 2016/giugno 2018).
Anzi, durante il suo mandato Fedeli avrebbe anche avuto la possibilità di cambiare qualcosa perché nella primavera del 2017 fu proprio lei a dare il via libera al decreto legislativo 62 in materia di valutazione (si trattava di uno dei decreti applicativi della legge 107/2015). E invece l’articolo 1 del decreto prevedeva esattamente una conferma del “modello Gelmini”: “La valutazione periodica e finale degli apprendimenti delle alunne e degli alunni nel primo ciclo, ivi compresa la valutazione dell’esame di Stato, per ciascuna delle discipline di studio previste dalle Indicazioni Nazionali per il curricolo, è espressa con votazioni in decimi che indicano differenti livelli di apprendimento”.
Il resto è storia recente: dal leghista Marco Bussetti nessuno si aspettava interventi sulla materia, mentre Fioramonti durò troppo poco per poter fare qualunque cosa (per la verità in chiusura di incarico riuscì però a far introdurre per i docenti il vincolo quinquennale della mobilità pensando di poter così garantire la continuità didattica).
Nella primavera del 2020, ministra Lucia Azzolina, viene approvato dal Governo il decreto legge 22 che all’articolo 1 definisce le norme per la valutazione nelle scuole del primo ciclo; originariamente il provvedimento non tocca il decreto 62, ma in sede di conversione in legge viene introdotta una norma che così recita: “In deroga all’articolo 2, comma 1, del decreto legislativo 13 aprile 2017, n. 62, dall’anno scolastico 2020/2021, la valutazione periodica e finale degli apprendimenti degli alunni delle classi della scuola primaria, per ciascuna delle discipline di studio previste dalle indicazioni nazionali per il curricolo è espressa attraverso un giudizio descrittivo riportato nel documento di valutazione e riferito a differenti livelli di apprendimento, secondo termini e modalità definiti con ordinanza del Ministro dell’istruzione”.
Adesso, con un emendamento del Governo al disegno di legge sulla valutazione del comportamento degli alunni viene disposta l’abrogazione della norma citata; contestualmente, però, si prevede anche che “a decorrere dall’anno scolastico 2024/2025, la valutazione periodica e finale degli apprendimenti, ivi compreso l’insegnamento di educazione civica, delle alunne e degli alunni delle classi della scuola primaria è espressa con giudizi sintetici correlati alla descrizione dei livelli di apprendimento raggiunti”.
Inoltre si chiarisce che “le modalità della valutazione di cui al primo e al secondo periodo sono definite con ordinanza del Ministro dell’istruzione e del merito”.
Si tratta ora di capire in che modo verrà attuata questa ennesima modifica al sistema di valutazione, e per capirlo bisognerà attendere appunto l’ordinanza ministeriale prevista dall’emendamento stesso.
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