“I 4 a scuola servono, perché fanno capire i nostri limiti e fanno capire che la vita non è dei furbi, come si crede. La vita è una maratona e ogni cosa va sudata, conquistata con fatica”. A dirlo, non molto tempo fa, è stato lo psicologo, psichiatra e scrittore Paolo Crepet.
Le sue parole tornano, in questo periodo, di forte attualità, perché diventa sempre più alto il numero di famiglie che, una volta appresa la bocciatura del proprio figlio, non ci stanno e decidono di fare ricorso, soprattutto quando le valutazioni dal 4 in giù comportano la ripetizione dell’anno o il conferimento del debito formativo.
Perché il 4 non viene considerato come una valutazione negativa, ma quasi come un affronto allo studente e, con lui, alla famiglia. La quale, sempre più spesso contesta e attacca il docente.
Si tratta, chiaramente, di una decisione sbagliata. Perchè le valutazioni negative possono diventare delle occasioni importanti di crescita. “Insegniamo – continuava Crepet – , che per avere successo nella vita ci vuole talento e che il talento al 98% è frutto del sudore. Disciplina: questa è la parola chiave. E’ da lì che esce il talento”.
“Oggi – sempre secondo lo psichiatra e psicologo – , due parole molto importanti sono scomparse dal vocabolario dell’educazione: dolore e fatica. Tuteliamo i figli da tutto. Se dovessimo costringere per un giorno i nostri ragazzi a indossare i pantaloni corti, noteremmo che non esiste più un ginocchio sbucciato. Conseguenza: quella di oggi è una generazione fragile. Ed è colpa nostra.
I dolori che non si hanno da piccoli faranno soffrire da grandi. Meglio sbucciarsi le ginocchia a 8 anni che a 48. Una volta non c’erano i cellulari e i figli andavano lontano da casa e non erano raggiungibili dai genitori e si dovevano arrangiare. Così diventavano grandi”.
“Il fatto di correre sempre in aiuto dei figli, di fare le cose per loro di sostituirci a loro nella soluzione dei problemi rende loro la vita facile: per loro non c’è più nemmeno il gusto della conquista”. E anche il 4, magari meritatissimo, diventa un’ingiustizia da superare.
Secondo Crepet, a scuola, i docenti hanno il compito di istruire: “Mettiamo dentro qualcosa che viene da noi e che non esce da lui. Lasciamoci stupire dai nostri ragazzi! E cerchiamo di non essere amici dei figli, ma genitori, che danno regole e che sono punto di riferimento nelle difficoltà della vita”.
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