Secondo un sondaggio realizzato su un campione di 400 studenti, troppi adolescenti si comportano come i vampiri: stanno svegli tutta la notte con lo smartphone in mano tra chat e giochi.
Coi numeri in mano, sembra che due teenagers su dieci starebbero connessi al web almeno 15 ore al giorno e uno su tre, dopo la mezzanotte, naviga e guarda online video e serie tv; da qui il fenomeno cosiddetto “vamping”, i vampiri dei social media, perché stanno svegli di notte per viaggiare virtualmente sul web alla ricerca di emozioni.
Un fenomeno, dicono gli esperti, già noto ma che con il lockdown si è amplificato, rendendolo più visibile, tanto che i primi ad accorgersene sono stati i pediatri di famiglia difronte ai segnali di malessere dei ragazzi: stanchezza cronica, calo del rendimento scolastico, alterazioni dell’appetito e disturbi dell’umore.
Che fare allora? Secondo i pediatri i genitori dovrebbero insegnare ai ragazzi ad usare gli strumenti in modo adeguato e capire i segnali di dipendenza come irritabilità, disattenzione, calo del rendimento scolastico ma anche bullismo.
Ma dovrebbero pure spronarli a fare sport, impedire che dormano con il cellulare in stanza, imporre limiti all’uso di smartphone già nella pre-adolescenza, dopo è tardi.
Tuttavia c’è pure chi afferma che i “giovani, per crescere bene, devono sentirsi liberi e amati, non controllati e giudicati. L’iperconnessione è ormai un diritto dell’adolescente, si tratta di una evoluzione, non una patologia. Le capacità e la cultura non si possono misurare con il rendimento scolastico. L’apprendimento è cambiato – dicono altri esperti- oggi tutto il sapere del mondo può essere contenuto in un tablet. Ma i bambini vanno a scuola con il trolley, come se stessero partendo. E poi come fanno a non annoiarsi se sono ancora costretti a suonare Fra Martino Campanaro con il flauto! La società non sta al passo con i tempi e, i bambini o gli adolescenti che non si adeguano, vengono bollati come soggetti con disturbi di apprendimento”.
Inoltre, secondo sempre questi ultimi esperti, i genitori dovrebbero essere disposti ad arrivare a un compromesso con i figli, mettere cioè in atto una “trattativa” dove ognuno fa un passo verso l’altro. A fare la differenza è la qualità del tempo che si trascorre con i ragazzi, come per esempio giocare con loro, divertendosi insieme.