In questi giorni l’opinione pubblica si sta concentrando sulle recenti esternazioni del generale Roberto Vannacci, candidato della Lega alle elezioni europee del prossimo giugno nella circoscrizione dell’Italia centrale, in merito alle classi separate per alunni con disabilità.
“La scuola dovrebbe essere come lo sport, dove si mettono insieme le persone con prestazioni simili. Credo che classi con ‘caratteristiche separate’ aiuterebbero i ragazzi con grandi potenzialità a esprimersi al massimo,e anche quelli con più difficoltà verrebbero aiutati in modo peculiare. Un disabile non lo metterei di certo a correre con uno che fa il record dei 100 metri. Gli puoi far fare una lezione insieme, per spirito di appartenenza, ma poi ha bisogno di un aiuto specifico. Non sono un esperto di disabilità, ma sono convinto che la scuola debba essere dura e selettiva, perché così sarà poi la vita”, ha detto qualche giorno fa in un’intervista a La Stampa.
Inutile dire che queste parole sono state condannate da più parti. Il mondo della scuola ha preso le distanze da questi concetti, che stanno causando anche screzi all’interno della stessa Lega. A dire la sua è stata anche, a Il Corriere della Sera, Bebe Vio, la celebre campionessa paralimpica di scherma.
“Siamo stati il primo Paese al mondo a eliminare le classi separate fra chi ha una condizione di disabilità e chi non la ha, perché tornare indietro? Mi sembra una cosa senza senso”, questa la sua opinione. “A me sembra paradossale che si possa anche solo pensare una cosa del genere. Abbiamo iniziato l’inclusione a scuola, ora qualcuno propone di dividerci ancora e fare passi indietro anche culturalmente”.
“Siamo stati anche i primi a inserire gli insegnanti di sostegno. Sono utili anche a chi non ha disabilità. Penso ai tanti minori stranieri. Anche nelle mie classi ce n’erano. O a quel mio compagno che non capiva l’italiano, perché a casa parlava solo in dialetto veneto, e gli è stata affiancata una persona. Dividiamo anche loro? Giusto che si venga aiutati”, ha aggiunto.
Bebe Vio ha anche raccontato un aneddoto legato al periodo in cui, mentre era una studentessa, è stata colpita da meningite, che l’ha costretta all’amputazione degli arti inferiori. “È stato molto importante avere i miei compagni vicino. Ci sono state anche cose buffe. Quando ero all’ospedale avevo le verifiche un po’ prima degli altri e le passavo. Ora lo posso dire, i prof non si arrabbieranno. Al liceo ci si aiutava. È anche così che si scopre e attua la solidarietà”.
“Stare insieme a compagne e compagni che avevano qualche condizione di disabilità fin da quando ero piccola mi è servito a crescere e questo vale anche per loro. In particolare, a me ha aiutato a entrare con molta più facilità nel mondo della disabilità, perché la conoscevo. Prima della malattia ero in classe con un compagno in carrozzina e uno con autismo. Facevamo i turni per aiutarlo a fare i compiti, quando occorreva. E nell’intervallo in corridoio si organizzavano gare di velocità in carrozzina. Anche questa è inclusione. Ecco la società solidale”, ha concluso Bebe Vio.
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