Riceviamo e pubblichiamo l’articolo di Carlo Giovanardi, ex ministro per i rapporti con il Parlamento del Governo Berlusconi, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri e Vicepresidente della Camera, che riporta la sua opinione in merito al dibattito scatenato dalle parole del generale Roberto Vannacci in relazione agli alunni con disabilità e alla loro inclusione scolastica.
La mia area di appartenenza politica culturale è quella liberale, popolare, di ispirazione cristiana, alla quale mi sono sempre mantenuto fedele come Parlamentare, Sottosegretario e Ministro della Repubblica. Il mio voto alle Europee andrà al Partito popolare europeo, non alle Lega dove è candidato il Generale Roberto Vannacci, di cui condivido alcune idee ma non altre (per esempio la simpatia per Putin).
In questo contesto devo dire di non aver davvero compreso il polverone polemico sollevato verso il Generale non per quello che ha detto nel rapporto tra scuola e disabilità, ma nella rappresentazione distorta che ne ha dato il titolo di Repubblica. Chi ha esperienza di questo mondo sa infatti che non si puo’ fare di tutta l’erba un fascio, ma distinguere situazioni ben diverse tra di loro.
Molti ospiti di storiche gloriose strutture come il Cottolengo hanno per esempio patologie così gravi sin dalla nascita che è impossibile immaginare un loro inserimento in qualsivoglia struttura scolastica, mentre soltanto le premurose cure di veri e propri missionari della carità rendono la loro vita degna di essere vissuta.
Istituzioni come il Filo d’Oro, così cara a personaggi come Renzo Arbore, danno speranza, calore ed accoglienza a bambini nati ciechi, sordi e muti, che soltanto in quelle strutture iper dedicate possono trovare una accettabile qualità della vita.
A Modena, da dove scrivo, continua la sua opera il Tommaso Pellegrini, scuola specializza nell’istruzione di bambini sordo muti. Negli ultimi anni l’Istituto ha aperto le porte anche ai ragazzi udenti per avviare un’opera ancora piu’ incisiva di inserimento sociale dell’alunno sordo muto.
A tutto questo giustamente si aggiunge l’inserimento generalizzato di ragazzi e ragazze disabili nelle classi delle scuole pubbliche e private, mettendo in primo piano anche l’aspetto della socializzazione. Ma con quale obiettivo? In un recente dibattito televisivo un famoso giornalista ha testualmente affermato che se in una classe c’è un disabile e il livello degli altri è cento, bisogna portare tutti ad un livello 50 per favorire il disabile.
L’affermazione mi ha lasciato basito: non soltanto penso che già la socializzazione sia un obiettivo di grande importanza ma che chi ha potenzialità 100 debba raggiungere quella quota mentre il disabile presente nella classe debba proprio essere aiutato ad arrivare a 100, o avvicinarsi il più possibile a tale quota, esattamente come tutti gli altri suoi compagni di scuola. Vi ringrazio per l’attenzione e per l’ ospitalità, sempre pronto a confrontarmi con tutti, per raggiungere l’ obiettivo condiviso di aiutare i deboli senza danneggiare i forti.
Carlo Giovanardi