Al ministro Giuseppe Valditara, in occasione della presentazione del suo libro, “Alle radici romane della Costituzione” (Guerini e Associati) gli è stato chiesto dal “Il Giornale” il rapporto fra la nostra Carta e le radici da cui proviene; ma soprattutto la correlazione tra la giustizia e la politica, dopo l’assoluzione di Berlusconi al processo Ruby ter:
“A partire dagli anni Sessanta, una certa giurisprudenza si è arrogata il potere di dare un’interpretazione costituzionalmente orientata alle leggi e di interpretarle talvolta in modo difforme dalla volontà del legislatore”, con cui “La magistratura ha sempre più accresciuto il suo ruolo a scapito del legislativo e dell’esecutivo. E così la tradizionale tripartizione dei poteri che risale a Montesquieu è andata in crisi”.
Mentre è sorprendete, per Valditara, “che vi sia chi non rispetti le sentenze e pretenda di affermare una volontà mediatica che non ha nulla a che vedere con la volontà dei giudici. Che invece è l’unica volontà ad essere rilevante. Vi è chi non conosce le regole fondamentali dello Stato di diritto, un fondamento della democrazia, e ciò preoccupa”.
Ma spiega pure, Valditara, il motivo per il quale ha voluto aggiungere al ministero dell’Istruzione anche del Merito: “Per capire cosa si debba intendere per merito dobbiamo coniugare gli articoli 34 e 3 della Costituzione. Il primo intende favorire la prosecuzione nel percorso scolastico dei capaci e meritevoli; l’altro mira a rimuovere gli ostacoli economici e sociali che impediscono ad ogni persona di realizzarsi”.
Nessuna scuola elitari dunque, perché “La scuola deve rimettere in moto l’ascensore sociale che si è bloccato, valorizzando i talenti di ognuno e garantendo ad ogni giovane, in particolare a chi ha più difficoltà, una chance di affermazione nella vita”.
E ancora sulla libertà che la destra vorrebbe minare, dice: “Intanto non conosco una sola norma approvata da un governo di centrodestra che abbia violato le libertà individuali. Semmai, e lo voglio denunciare con forza, trovo che una certa cultura di sinistra, cosiddetta progressista, neghi nei fatti la libertà di opinione con la cancel culture, il politically correct e mettendo al bando le opinioni che non collimano con la vulgata mainstream”.
“In diverse università anglosassoni”, aggiunge ancora Valditara, “ se non sei coerente con un certo orientamento culturalmente prevalente non vieni assunto o puoi essere licenziato”.