“Ho 55 anni di insegnamento, credo sia un record, perché ho iniziato a fare supplenze prima di laurearmi in Letteratura. Ogni mattina mi alzavo nella nebbia di Milano, prendevo la 600 scassatissimi ed arrivavo a scuola. Mi dicevo: ‘tu entri in classe e se dopo quattro ore non esci stravolto non ha fatto un c….’”. Sono le parole di Roberto Vecchioni, cantautore, scrittore e docente di scuola superiore per decenni, pronunciate a Roma durante il II congresso nazionale della Uil Scuola.
“Durante l’ora di lezione – ha detto Vecchioni durante un intervento a lungo applaudito da centinaia di delegati Uil – si spazia: da una frase latina o greca si arriva a Leopardi e alla Fisica quantistica. Ognuno diceva la sua. Questa è la funzione della scuola: non c’è un’unica cosa da insegnare, ma tante attorno. Questa è la vita, che purtroppo non ci permette di avere giovani all’altezza che dovrebbero avere, attraverso una parola: cultura”.
“La cosa più difficile per gli insegnanti è far capire agli studenti il ‘bello’: quello che c’è dietro, la sofferenza per arrivare ad un obiettivo. Quanto dolore e umanità c’è dietro un’opera di Michelangelo? Le sue opere sono eterne”.
“Si impara – ha detto – soffrendo, stando dentro le cose, vivendole in pieno. La sofferenza è fondamentale nella vita umana, bisogna imparare a conviverci. Quando si insegna ad un ragazzo la grammatica e la letteratura greca, si insegnano espressioni sterminate. Quando escono i giovani dalla cerimonia della scuola, chi ha una preparazione solida sa rispondere alla vita, fatta di sfumature: non di bianco e nero. Se si sbaglia una parola, anche in amore, si rischia di non essere compresi”.
Secondo Roberto Vecchioni “bisogna credere nella forza della propria umanità. Non si può vivere completamente atei. Io fino a qualche tempo fa lo ero…”.
Secondo Vecchioni, “la cultura non è sapere o no le cose, ma avere sensibilità nell’arte: sapere concepire, vedere, calcolare, catalogare, avere pazienza, comprendere gli altri, non lasciarsi ‘scaldare’ per poche cose. La cultura la si apprende dagli insegnanti: quelli italiani sono tra i più bravi al mondo: l’arte e la scienza, come diceva Prometeo, è alla base di tutto. La forza degli uomini di conquistare la libertà e l’uguaglianza passano per la cultura”.
“Il 23% dei giovani italiani – continua il cantautore-professore – non studia e non lavorano. Ma non lavorano perché non hanno studiato, non hanno competenza. Quella competenza che ti dà un istituto superiore, anche professionale. Avere un diploma significa avere discusso, essersi confrontato con dei compagni”.
E ancora: “Tutti i lavori sono difficili. Anche i più semplici. Bisogna avere una professionalità. A partire da quello che legge: quindi non per chi vota, cosa è l’Economia. Ecco perché a scuola si studia legge, cultura umanistica e tutto il resto. I social? Dentro ci scrivono cose di tutti i generi: cose di una banalità unica. Io sono di sinistra. Penso con questa filosofia: è un modo di vivere quello di sinistra”.