“Culpa in vigilando” sempre più a maglie strette, maggiori responsabilità sulle visite d’istruzione (controlli sullo stato medico-sanitario dell’autista, sull’efficienza meccanica del pullman…) e per finire (vedremo mai una “fine”?) aumento delle responsabilità penali e civili sulla sicurezza degli edifici scolastici.
E’ di queste ultime ore una sentenza della Cassazione che rende più stringenti i doveri dei docenti preposti alla sicurezza,
Una riflessione: continua e si consolida il processo di espansione del profilo giuridico del docente che sembra non aver termine. Assomiglia sempre più a un corpo costretto ad ingoiare qualsiasi cosa, con la conseguenza di alterare il proprio “esserci”, e quindi la propria identità basata sulla didattica.
Quest’ultima è sempre più costretta ad arretrare, perché gli insegnanti sono distratti da altre incombenze o preoccupazioni come la predisposizione dell’aula che riduca il verificarsi di incidenti, quando entrano alunni, studenti di altre classi, privati da una disposizione renziana del supplente al primo giorno di assenza del titolare.
Scrivevo qualche settimana fa, che abbiamo la sensazione di essere sotto assedio, costretti a dispiegare le nostre difese su più fronti. E mentre ci difendiamo si aprono altri punti che rendono la nostra resistenza sempre più difficile.
Questa condizione già abbastanza complessa, si “arricchisce” della sensazione di essere soli di fronte all’Amministrazione, che invece di preoccuparsi di creare le condizioni per una didattica efficace, persegue il fine di alleggerirsi delle proprie responsabilità (adeguamento degli edifici scolastici ai criteri di sicurezza, costruzione di nuove scuole sicure…) scaricandole sulle spalle dei docenti, molti dei quali sono abituati a sobbarcarsi, magari dopo aver mugugnato, i nuovi incarichi senza adeguata preparazione e compensi zero.
Questa è la nostra condizione fuori dai convegni, dai corsi di formazione e aggiornamento e dopo aver chiuso i sacri testi di pedagogia e didattica.
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