Mentre siamo in attesa delle novità sulla mobilità docenti, facciamo qualche riflessione sul fenomeno degli spostamenti degli insegnanti sul territorio nazionale, che porta ogni anno un flusso consistente di insegnanti a migrare prevalentemente dal sud al nord dello stivale.
Ricordiamo che “con l’introduzione del decreto legge 36 del 30 aprile 2022, coordinato con la legge di conversione 29 giugno 2022, n. 79 – spiega l’esperto di normativa scolastica Lucio Ficara – i vincoli triennali per la mobilità dei docenti sono stati modificati. Chi entrerà in ruolo dovrà restare titolare nella scuola di servizio per tre anni scolastici compreso l’anno di prova, ma potrà fare domanda di mobilità annuale nella provincia di titolarità”.
In altre parole, da quanto è venuto fuori negli ultimi incontri tra Ministero e sindacati per la riapertura del CCNI mobilità per il biennio 2023-2024 e 2024-2025, potrebbero restare in piedi i vincoli nuovi per i neoassunti ma decadere i vincoli vecchi.
Perché il mondo della scuola vive con estrema sofferenza le criticità legate ai trasferimenti, a maggior ragione per via del fatto che a percorrere in lungo e in largo l’Italia in cerca di occupazione sono lavoratori qualificati o altamente qualificati, laddove negli altri settori è la manodopera meno qualificata a incontrare maggiori difficoltà di inserimento nel mondo del lavoro. A fronte, cioè, di enormi sacrifici nello studio e nella formazione (che comporta anche investimenti economici non indifferenti), gli insegnanti si ritrovano a dovere emigrare per andare incontro a uno stipendio tra i più bassi d’Europa e a esperienze di segregazione residenziale, di discriminazione, di insicurezza e precarietà.
Pensiamo ad esempio al caso dei circa 18mila docenti emigrati seguito dell’applicazione della legge 107 del 2015 /(la cosiddetta buona scuola). In quei mesi la ricerca di una stabilizzazione professionale ha spaccato in due le famiglie. E ancora oggi sono in tanti gli insegnanti che fanno spola tra la città di residenza e la scuola di destinazione seguendo rotte migratorie ordinarie ma con qualifiche straordinarie.
Non a caso i sindacati sulla mobilità investono gran parte delle loro energie. Sul tema ad esempio, in queste ore USB Scuola (Unione sindacale di base) ha dichiarato: “Da sempre diciamo che vincolare il docente alla sede non è un valore aggiunto per la scuola, ma è un danneggiamento del lavoratore, una pratica umiliante e che viola il diritto al ricongiungimento familiare e alla tutela del salario, una pratica perversa che scoraggia i vincitori di concorso dall’accettare il ruolo in province lontane e prolunga la permanenza nello stato di precarietà che tanto conviene allo Stato”.
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