Il Partito di Renzi, dopo avere avviato un attacco alla democrazia costituzionale, trasformando il Senato della Repubblica in un organismo di “nominati” da “nominati”, la Camera dei Deputati che, per effetto di una legge elettorale peggiore dello stesso “porcellum”, può avere una maggioranza assoluta rappresentativa di una esigua minoranza e peraltro in gran parte formata da “nominati” ed aver affidato al Governo (che può essere come quello attuale espressione di una minoranza) uno strapotere anche per la formazione delle leggi e dopo avere espulso dai luoghi di lavoro lo Statuto del lavoro ed avere affermato il diritto dell’imprenditore alla libertà di licenziamento e dopo avere tagliato alle regioni ed agli enti locali le risorse necessarie per far fronte la spesa sociale, ora propone anche il pieno controllo della televisione pubblica che diventerà televisione governativa.
In questo processo di forte regressione autoritaria, come avviene in un regime autoritario, non poteva non essere fortemente colpita la scuola pubblica.
Difatti ieri il Consiglio dei Ministri ha approvato un Ddl che va in questa direzione e, strumentalizzando e limitando il sacrosanto diritto dei precari all’assunzione a tempo indeterminato dopo anni di insegnamento, ricatta il Parlamento per imporre una rapida approvazione di una proposta indecente, volta ad abolire ogni forma di democrazia scolastica ed ad umiliare il mondo della scuola.
Difatti:
a) l’autonomia è concepita non in funzione della libertà di insegnamento e del pluralismo culturale (che nel Ddl non compaiono in alcun modo), ma come autonomia aziendale affidata ad “un uomo solo al comando” (art. 2);
b) si rafforza il ruolo del dirigente scolastico che ha la gestione piena ed assoluta della scuola, fino al punto di poter scegliere i docenti del proprio istituto, in palese violazione di qualsiasi principio di trasparenza e di imparzialità (artt 2, c. 13 e 7, c. 2);
c) gli organi collegiali di istituto sono degradati da organi di governo delle istituzioni scolastiche ad inutili organismi consultivi senza alcun potere (artt. 2 e 7);
d) il personale docente, come era previsto dalle leggi del regime fascista, dipende dal DS che non solo ha il potere di organizzare tutta l’attività didattica, ma di valutare e premiare i docenti con ampi poteri discrezionali e clientelari, ovviamente configurati sotto forma di valutazione qualitativa (art. 10);
e) il ruolo del Ministro, espressione della maggioranza che governa (ma anche, come adesso, di una minoranza) e quindi inidoneo a garantire una effettiva libertà di insegnamento ed il pluralismo culturale che deve caratterizzare la Scuola di uno Stato democratico, è ulteriormente rafforzato; la tanto conclamata autonomia delle istituzioni scolastiche è in realtà una forma subalterna di autonomia aziendale, controllata dal Ministro sia attraverso i DS sia con invasive forme di valutazione esterna; non a caso il principio della libertà di insegnamento, affermato nell’art. 33 Cost., a garanzia del pluralismo culturale nella scuola statale, nel Ddl non è mai menzionato;
f) il Consiglio Superiore dell’istruzione è privato di ogni pur simbolico potere consultivo in tutti gli atti attuativi del DdL (art. 23);
g) ovviamente in questa concezione aziendale e privatistica del sistema scolastico, in cui scuola statale e privata sono sostanzialmente omologate e collocate in posizione paritaria, non poteva mancare la commistione tra finanziamenti pubblici e privati per le scuole statali e per quelle private scelta con il sistema del 5 per mille degli sgravi fiscali (artt. 15 e 16).
Infine il Governo, dopo aver in modo sufficientemente chiaro delineato l’idea di scuola che intende realizzare, con una norma, a dir poco provocatoria, chiede al Parlamento ,in palese violazione dell’art. 77 Cost. e delle prerogative del Parlamento, una delega in bianco per una revisione degli ordinamenti scolastici, all’ovvio scopo di uniformarli al modello aziendalismo, già definito (art. 21).
Una norma che non meriterebbe alcuna considerazione e che il Parlamento, per un minimo di dignità, dovrebbe respingere al mittente.
Questo attacco alla scuola statale ed alla democrazia scolastica era ovviamente prevedibile perché è congeniale alla concezione autoritaria ed accentratrice che è nel DNA del Presidente del Consiglio; il mondo della scuola, già in occasione della consultazione organizzata dal Governo con l’uso dell’apparato della P.A. sul documento della Buona Scuola, quando ha potuto esprimersi nei collegi dei docenti e confrontare la proposta governativa con la proposta di legge di iniziativa popolare (LIP), ha già respinto le proposte indecenti del Governo, riconoscendosi nella LIP; ora le due proposte saranno esaminate dal Parlamento, è auspicabile che il mondo della scuola e tutti i cittadini democratici si mobilitino per imporre il rigetto totale di questa proposta inemendabile, stralciando la parte relativa al precariato che dovrà essere però comprensiva di tutto il personale precario che ha già da tempo acquisito il diritto all’immissione in ruolo.
Che fare? Non basta denunciare i disagi autoritari del PdR, è necessario mobilitarsi per impedire la realizzazione di questo disegno autoritario, sapendo però che la battaglia per la democrazia nella scuola non può non essere anche la battaglia per la democrazia costituzionale e per la difesa dei diritti sociali e civili da questo Governo messi in discussione
Il 28 marzo con la mobilitazione sociale deve essere dato già il primo segnale concreto.