Come spesso accade, la politica tende a semplificare un po’ troppo il dibattito sui problemi della scuola. E quando il dibattito è semplificato anche le soluzione che vengono proposte tendono ad essere un po’ approssimative.
E’ il caso dell’ultima sortita della responsabile scuola del PD Francesca Puglisi che sostiene che una riforma semplice semplice ma particolarmente efficace potrebbe essere quella di eliminare l’esame di stato di terza media spostandolo al compimento del 16° anno di età degli studenti e cioè – afferma Puglisi – a conclusione dell’obbligo scolastico.
Purtroppo la faccenda non è così semplice.
Intanto la collocazione dell’esame di stato è prevista da una norma costituzionale e cioè precisamente dal 3° comma dell’articolo 33 (“E’ prescritto un esame di Stato per la ammissione ai vari ordini e gradi di scuole o per la conclusione di essi e per l’abilitazione all’esercizio professionale”).
La strada da percorrere è dunque quella della revisione di una norma costituzionale che non sembra proprio una cosa semplice semplice.
Si dirà: l’abolizione dell’esame di quinta elementare non ha richiesto nessuna revisione della Costituzione. Certo, ma all’epoca della Moratti venne approvata una riforma che istituiva il I ciclo di istruzione comprendente scuola primaria e secondaria di primo grado, con un Pecup unico e così via.
Di conseguenza la scuola primaria cessò di essere ciclo scolastico autonomo con relativo esame di stato finale.
Spostare l’esame di terza media al termine dell’obbligo scolastico è ipotesi certamente suggestiva che in molti, anche all’interno del PD, condividerebbero.
Ma c’è un piccolo particolare: per fare questo senza cambiare la Costituzione bisognerebbe istituire un unico ciclo di “scuola dell’obbligo” che parte dal primo anno della primaria e si conclude nel momento in cui cessa l’obbligo.
E qui nasce il problema: nel concreto, al termine di quale classe si dovrebbe fare l’esame di Stato?
Non dimentichiamo, infatti, che la legge attuale prevede che l’obbligo di istruzione si possa assolvere anche nei percorsi di istruzione e formazione professionale e senza contare che il comma 8 dell’articolo 48 del decreto n. 183/2010 estende questa possibilità ai percorsi di apprendistato.
Insomma una bella complicazione, altro che “riforma semplice semplice”.
A meno che l’on. Puglisi non voglia proporre una soluzione ancora diversa: biennio unico per tutti (obbligatorio) dopo la terza media con esame di stato finale.
Questa sarebbe certamente una soluzione lineare, ma abbiamo qualche dubbio che sul piano politico la questione sia davvero semplice. Sull’ipotesi del biennio unico, che trova ampi consensi nel mondo sindacale e in settori significativi del centro-sinistra, si discute da almeno 15 anni, ma l’accordo ci sembra ancora molto lontano.
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