Nel giorno in cui si contano 32.573 nuovi contagi da Covid e 119 vittime – rispetto ai 60.415 casi di positività del giorno prima, con 93 morti e con il tasso di positività che passa dal 16,3% al 15% – continua far discutere la decisione del Governo di eliminare le mascherine al chiuso dal 1° aprile e (forse) a scuola dal 1° maggio. I primi ad essere scettici sono i virologi, ma anche i matematici esprimono la loro contrarietà.
“Se togliamo le mascherine al chiuso c’è la possibilità di una nuova ondata di contagi a giugno e luglio”, ha detto Fabrizio Pregliasco: parlando a Rai Radio1, ospite di Un Giorno da Pecora, il direttore dell’IRCSS Galeazzi di Milano, non ha invece avuto da ridire sullo stop al green pass e alle altre misure a partire dal primo maggio.
“Lasciamo lo step della loro eliminazione dal primo maggio ma – ha avvertito Pregliasco – comunichiamo che c’è la possibilità di tornare indietro se il numero dei ricoverati e delle terapie intensive si alza come in passato”.
Ancora più negativo è il giudizio di chi studia l’andamento dei numeri. Il matematico Giovanni Sebastiani, dell’Istituto per le Applicazioni del Calcolo ‘M.Picone’, del Cnr, ha “bollato” come inopportuno e non giustificato dai dati epidemiologici e sanitari, l’allentamento di alcune delle misure di contenimento dell’epidemia di Covid-19 in Italia.
Dopo aver ricordato che “l’aumento dell’occupazione ospedaliera in più della metà delle regioni/province autonome italiane, un livello nazionale di incidenza di positivi nella settimana scorsa di circa 800 casi per 100.000 abitanti, aumentato di circa il 40% rispetto alla settimana precedente, un valore medio dell’Rt al 2 marzo di 0.94 in aumento, in media, dello 0,10 ogni sette giorni”, il matematico spiega i motivi del dissenso.
“Dal primo aprile la quarantena obbligatoria sarà limitata solo ai positivi. Questa scelta è inopportuna – dice Sebastiani – data l’enorme diffusività della variante Omicron, prevalente ora in Italia che, come mostrano i dati attuali, ha ripercussioni significative anche sull’occupazione negli ospedali e che ha provocato più di 900 morti nella settimana scorsa, pari a circa quelli di tre terremoti dell’Aquila“.
“Dal primo maggio, inoltre, verrà meno in molte situazioni l’obbligo della mascherina al chiuso e, ad esempio, al ministero dell’Istruzione si considera la possibilità di mantenere dal primo al trenta aprile almeno quelle chirurgiche e di eliminare” nelle scuole “ogni tipo di mascherina dal primo maggio“.
“Questo – dice Sebastiani – non è opportuno, dato che la fascia dove ora la circolazione del virus è maggiore è quella tra gli 11 e i 20 anni e che solo la mascherina di tipo Ffp2 fornisce una protezione adeguata dal contagio”.
Il matematico non ha dubbi nel dire che “fino a quando l’incidenza dei positivi non invertirà il trend di crescita e non sarà scesa a livelli bassi (meno di 100 casi a settimana per 100.000 abitanti) e l’Rt sarà in crescita e sopra il valore di 1, vengano mantenute le mascherine Ffp2 al chiuso, compreso nei mezzi di trasporto, negli ambienti lavorativi, nelle scuole e nelle università“.
Sebastiani si augura, infine, che “le regioni non facciano di nuovo il tentativo, rivelatosi poi vano, di far abolire la diffusione giornaliera dei dati, sia tramite il bollettino che con i file sul sito della Protezione Civile”.
Nel frattempo, i dati che arrivano dagli altri Paesi confermano che c’è poco da stare tranquilli. I ricoveri ospedalieri per Covid in Scozia, a seguito dell’avanzare della variante Omicron 2, sono arrivati a 2.128: si tratta del picco assoluto di ricoverati addirittura dall’inizio della pandemia.
È vero anche che la stessa proporzione non si ripercuote sugli ingressi nei reparti di terapia intensiva, e ancora meno sui morti grazie all’immunità diffusa attribuita agli effetti di vaccini, terze dosi booster di massa e guarigioni.
Fatto sta che in Scozia permane qualche parziale cautela in più sull’uso obbligatorio delle mascherine, abolito invece come imposizione per legge in Inghilterra da ormai due mesi assieme a ogni altra restrizione dal governo centrale britannico.
L’impennata di casi Covid si è registrata anche in Slovenia, dove nelle ultime 24 ore sono stati confermati 1.076 contagi, a fronte di 5.191 test eseguiti, fra molecolari e antigenici, pari a poco meno del 20% del totale e +169 rispetto alla scorsa settimana.
La responsabile del gruppo consultivo di esperti sloveni per l’epidemia, Bojana Beović, ha sottolineato che nel paese è in corso la sesta ondata dell’epidemia, causata dalla nuova variante di Omicron BA2, leggermente più contagiosa rispetto alla precedente.
Infine, va rilevato un indicativo dato dei ricercatori dell’Università del Texas a Huston, appena pubblicato sulla rivista scientifica Pediatrics: riguarda i bambini precedentemente colpiti da Covid-19, i quali svilupperebbero anticorpi naturali che durano per almeno sette mesi.
Gli studiosi hanno esaminato i dati di 218 bambini in tutto lo Stato del Texas grazie a tre campioni di sangue prelevati prima del lancio del vaccino e durante lo sviluppo dei contagi delle varianti Delta e Omicron.
Sarah Messiah, ricercatrice che ha condotto l’analisi, ha detto che “c’è stato un malinteso da parte di alcuni genitori che pensano che solo perché il loro bambino ha avuto il Covid-19 ora sono protetti e non è necessario fare il vaccino. Sebbene il nostro studio sia incoraggiante, in quanto una certa quantità di anticorpi naturali dura almeno sei mesi nei bambini, non conosciamo ancora la soglia di protezione assoluta. Abbiamo a disposizione il vaccino che è un ottimo strumento per dare ai bambini ulteriore protezione”.
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