L’allarme è stato lanciato ieri da Confesercenti, che in un proprio comunicato ha fatto riferimento a «voci insistenti» in proposito, chiedendo al governo una chiara smentita.
Secondo l’organizzazione la misura potrebbe valere dagli 8 ai 16 miliardi (in base alle modalità di applicazione, al 50 per cento oppure totale). Almeno la metà di queste somme sarebbe di fatto sottratta ai consumi e dunque all’economia.
Il ministro della Pubblica Amministrazione, Filippo Patroni Griffi, interpellato sulla questione, risponde: “Lo apprendo dalle agenzie”. Una flebile negazione che potrebbe essere interpretata anche come: “Se qualcuno ci sta pensando, io non sono stato interpellato”. Il 25 luglio il leader della Cisl, Raffaele Bonanni, ha tuonato dalle pagine del Mattino: “Se lo fanno, faremo le barricate”.
In attesa di una smentita più decisa da parte del governo, pensionati e statali italiani in queste ore fanno sonni agitati: gli incubi più ricorrenti si chiamano Grecia e Spagna. Lì Papandreou e Rajoy non si sono fatti troppi problemi a mettere a “dieta” i dipendenti pubblici. In Spagna niente tredicesima, meno ferie, meno permessi. Da noi, per ora, l’unica “tagliola” della spending review è stata quella che ha diminuito il valore dei buoni pasto di due euro. E Monti ha detto più volte che non ci saranno manovre bis. Eppure, se non si ritoccano le aliquote Irpef, i soldi che mancano all’appello da qualche parte andranno presi.
Il parziale congelamento invece porterebbe un beneficio immediato, anche se magari non quello ipotizzato da Confesercenti: sostanzialmente si tratterebbe di rinviare a tempi migliori (2-3 anni) il versamento di una parte di quanto dovuto, con una percentuale crescente in base al reddito. Potrebbe essere preso in considerazione anche un pagamento in titoli di Stato.
La novità rispetto alle ipotesi di giugno sarebbe il coinvolgimento dei pensionati, novità non da poco perché la posizione nello Stato nei loro confronti è diversa da quella di un datore di lavoro.
Il Giornale, con un articolo di Antonio Signorini, ci ricorda che l’ipotesi di togliere la tredicesima ai dipendenti pubblici non è nuovissima: nel senso che, anche se non se n’è parlato in maniera ufficiale, i rumors si sono inseguiti negli ultimi mesi. Anche perché c’è il timore che gli altri esempi europei possano aver “fatto scuola”.
La novità assoluta però (ricorda Il Giornale), anche per le “voci di corridoio”, è che per la prima volta si parla di blocco delle tredicesime dei pensionati. Un’ipotesi che, se realizzata, potrebbe portare a tensioni davvero inimmaginabili.
Al momento la posizione del governo resta quella espressa anche dal premier Monti, secondo cui anche di fronte alle nuove e fortissime tensioni sui mercati non ci sarà una manovra aggiuntiva, nel senso di un provvedimento finalizzato a garantire i conti pubblici agli occhi degli osservatori internazionali. C’è però da completare l’opera avviata con il decreto tuttora all’esame del Senato, che cancellava sì l’incremento dell’Iva fino al prossimo 30 giugno, ma rinviava poi a nuove misure per reperire i 6,5 miliardi necessari a scongiurare una volta per tutte il ritocco delle aliquote. I soldi dovranno arrivare da ulteriori interventi di razionalizzazione strutturale della spesa e dalla revisione delle agevolazioni fiscali, secondo lo schema già predisposto dalla commissione di studio guidata dall’attuale sottosegretario all’Economia Vieri Ceriani. A conferma di questa scelta, lunedì era arrivata dal direttore dell’Agenzia delle Entrate, Attilio Befera, l’indicazione di un probabile stralcio di questo capitolo dal disegno di legge delega sul fisco.
Dunque è ormai quasi certo che le novità saranno approvate con decreto legge entro agosto, invece di attendere la legge di stabilità. Se alla fine sarà giudicata necessaria, anche la stretta sulle tredicesime potrebbe finire nello stesso provvedimento, anche se in teoria c’è tempo fino all’autunno.
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