Secondo le anticipazioni che stanno circolando in rete nelle linee guida sulla scuola che saranno varate nei prossimi giorni dal Governo ci dovrebbe essere una sorta di via libera ai contratti di sponsorizzazione.
Francamente però non è chiaro cosa questo voglia dire, dal momento che già adesso le scuole hanno la possibilità di stipulare contratti del genere, come è chiaramente indicato nell’articolo 41 del DI 44/2001 (si tratta del regolamento di contabilità delle istituzioni scolastiche, innovativo quando venne emanato ma che ora avrebbe bisogno di accurata manutenzione).
Il fatto è che al Ministero sembrano avere le idee un po’ confuse sui meccanismi della sponsorizzazione. Le scuole se ne erano accorte già due anni fa quando vennero cambiate le regole dei servizi di tesoreria: il Miur si inventò un nuovo schema di convenzione di cassa secondo cui le banche avrebbero dovuto addirittura remunerare le scuole in qualche modo. La realtà fu ben diversa: nella maggio parte dei casi i costi di gestione dei conti correnti perché i fondi statali non venivano più accreditati presso l’istituto cassiere ma gestiti attraverso la tesoreria unica nazionale.
Il problema vero delle sponsorizzazioni, non è di carattere normativo perchè le regole ci sono già. Il fatto è che in un momento di pesante crisi economica come quello che stiamo attraversando, è sempre più difficile trovare sul territorio operatori disposti a “regalare” denaro alle scuole. E anche le sponsorizzazioni offerte in cambio di spazi pubblicitari sulle locandine che illustrano iniziative culturali delle scuole sono ormai un ricordo lontano. D’altra parte gli stessi spazi pubblicitari offerti dai mezzi di informazione locali (giornali, TV, radio, ecc..) vengono ormai venduti a prezzi a dir poco stracciati.
Negli ultimi mesi, In previsione del presunto “via libera” sulle sponsorizzazioni, non poche scuole anche adottato un vero e proprio regolamento che però, di fatto, lascia il tempo che trova dal momento che se non ci sono sponsor disposti a investire, il problema non si pone neppure.
Tutto questo vale soprattutto per le scuole del primo ciclo di istruzione, mentre è evidente che per le scuole superiori (e soprattutto per gli istituti tecnici) il discorso è del tutto diverso perché può essere un reale interesse economico o di “immagine” delle aziende che operano sul territorio, se non altro perché gli studenti più grandi hanno una propria – anche se limitata – capacità di spesa.