Via questi sindacalisti, non il sindacato!

Il fallimento dello sciopero di venerdi 20 maggio (siamo passati dal 90% di astensione del 5 maggio 2015 al 9%) dovrebbe portare i sindacalisti alle dimissioni. Mi rendo conto che questo non avverrà mai, perché per molti significherebbe perdere alcuni (tanti) benefici.

E’ evidente a tutti che la politica dello sciopero non funziona più. In un’assemblea sindacale l’ho detto che dopo il 5 maggio è uno strumento superato, utile solo al sindacato per pesare il proprio peso politico  I motivi sono diversi. Alcuni sono imputabili ai sindacati. L’aver sperperato il segnale espresso con lo sciopero del 5 maggio, annunciando tra l’altro a settembre un imminente “Vietnam” che non si è visto. Semmai si è avvertito un karakiri, una “Caporetto”. Storicamente al termine di quella battaglia si contarono centomilla tra morti e feriti. Da noi solo tante chiacchiere.

Da qui non significa che voglio spazzar via anche il sindacato, ma solo quegli esponenti che fanno un pessimo servizio alla parte sociale, screditandolo davanti alla categoria e al governo che punta alla sua delegittimazione e alla scomparsa per trattare direttamente con i lavoratori.

Del resto il ritardo dell’apertura della trattativa contrattuale, nonostante la sentenza della Corte Costituzionale (24.06.2015) e la proposta di postcipare al 2020 quella seguente, la dicono lunga sulle intenzioni del governo e sul peso politico uguale a zero del sindacato.

Occorrono persone nuove che ridiano dignità e peso contrattuale al sindacato, di cui abbiamo tanto bisogno. Infatti il lavoratore da solo è sicuramente debole, cosa ben diversa se le richieste provengono un gruppo.
Ma per conseguire questo obiettivo è necessario individuare  proposte che ricompattino la categoria e che mettano all’angolo il governo. E questo compito non può essere demandato ai lavoratori, ma ai dirigenti sindacali che in qualche modo devono dimostrare di meritarsi lo stipendio. Non è facile visto il contesto normativo della legge antisciopero, discretamente  ( 1990 ) sostenuta dai confederali come strumento antiCobas. Lo sciopero rappresenta una “punturina” di cui il governo coglie solo l’aspetto di risparmio, ringraziando implicitamente le parti sociali per questo contributo.

L’alternativa è la scomparsa del sindacato e la conseguente solitudine del lavoratore, debole monade nelle mani di un governo forte. E questa situazione si tradurrà in aumento dei carchi di lavoro a costo zero e a breve sperimentare una situazione fantozziana:  pagare per lavorare!

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