Quest’anno sono state oltre 700mila le richieste pervenute agli uffici regionali scolastici di tutta Italia di aspiranti supplenti: il doppio rispetto al 2016.
A bussare alle porte delle scuole per racimolare qualche ora di supplenza ci sono infatti sempre più i precari professionisti: avvocati, architetti, commercialisti, ingegneri, tutti con la laurea in tasca, l’abilitazione professionale e l’iscrizione all’albo, tutti alle prese con la necessità di integrare lo stipendio o di trovare una alternativa al lavoro professionale.
Il fenomeno sembra essere diffuso in tutta la Penisola, da Nord a Sud. Ci sono tantissimi professionisti iscritti agli albi.
A Vicenza, ad esempio, su 8mila domande, circa 1.600 sono state inoltrate da architetti, 400 da laureati in giurisprudenza.
Tra questi c’è chi ha 50 anni e dopo aver lavorato a lungo, ad esempio come architetto libero professionista, ha risentito della crisi dei redditi che ha colpito la professione: ora aspetta e spera nella chiamata, magari anche per qualche ora di supplenza.
Ma l’ondata anomala investe anche i trentenni: i giovani neo laureati, una generazione che, come riporta il Fatto Quotidiano , è “cresciuta a pane ed etica del lavoro: sapevamo che avremmo dovuto studiare molto, e bene, per poter avere un lavoro degnamente retribuito. Sapevamo che nulla ci sarebbe stato regalato, ma che seguendo un percorso stabilito da qualche parte saremmo arrivati: medici o avvocati, giornalisti o professori”.
Ma qualcosa ha spezzato il filo sottile che trasforma i sogni in realtà: quei posti sono spariti oppure sono rimasti svuotati di significato e di compenso. Molti si sono trasformatiti in Free lance, ovvero tanto lavoro e poco guadagno, in mezzo la famiglia e i figli.
“E su quei redditi lordi bisogna pagare le tasse, i contributi (che possono arrivare quasi al 30 per cento), l’assicurazione medica, la formazione obbligatoria per chi fa parte di ordini, tutte le spese dello studio, la macchina e così via”.
Tanti sono laureati, iper-formati, con tanto di master post laurea, digitalizzati, spesso titolari di piccole imprese in proprio, spesso fondatori di micro start up, oppure scrittori, ghostwriter, giornalisti, avvocati, e docenti per poche ore a settimana. E spesso un mix di tutto questo.
È indicativo anche il dato che, se nel complesso le assunzioni sono salite a quasi 4,6 milioni, tanti rapporti di lavoro in realtà si basano su contratti a tempo determinato (+26,3%) e sull’apprendistato (+25,9%). Nei primi otto mesi di quest’anno, solamente 24 contratti aperti su cento sono risultati stabili.
Il quadro che ne deriva è, dunque, a tinte chiaro scure. Confermato anche dall’OCSE: il rapporto “Preventing Ageing Unequally“, che vuole prevenire l’aumentare delle diseguaglianze con l’invecchiamento, dice che negli ultimi 30 anni il gap tra le vecchie generazioni e i giovani in Italia si è allargato. Il tasso di occupazione, tra il 2000 e il 2016 è cresciuto del 23% tra gli anziani di 55-64 anni, dell’1% tra gli adulti di età media (54-25 anni) ed è crollato dell’11% tra i giovani (18-24 anni).
Molto interessanti e profonde le storie raccontate sul sito “itrentenni.com”, che dà spazio a chi ha trenta anni e tanta voglia di raccontare le proprie “Riflessioni, propositi, affanni, sogni, ricordi, speranze, cicatrici, obiettivi, preoccupazioni, desideri. Parole sparse, pensieri e riflessioni. Voglia di raccontarsi o semplicemente di sentirsi come a casa”, come riporta il titolo del sito .
Ci piace tra le tante storie lette quella di Valentina, un punto a capo della sua vita: “Invece questi trentenni… “noi trentenni di oggi” dopo dieci anni ricominciamo da capo. Ti può capitare di cambiare lavoro, perché quello per cui tanto ti sei speso, non c’è. Sei precario nella vita nel lavoro e negli affetti. Senti il tempo che avanza ma questa precarietà riesce a non farti invecchiare, non c’è tempo neanche per invecchiare. Siamo così noi trentenni. In continuo movimento. Ci lasciamo stupire dall’avventura di un nuovo inizio.
Forse, nel coraggio di cambiare, di iniziare una nuova avventura, c’è tutta la forza di questa generazione di laureati, di professionisti, i quali non smettono mai di imparare. E di guardare avanti.
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