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Videogiochi brutti e cattivi? Non sempre

Di parole sugli effetti deleteri di molti videogiochi, o anche solo sul loro abuso, se ne sono spese tante. Pare sia giunto però il momento di spezzare una lancia in loro favore. Per farlo basta fare riferimento alla neo-nata Reach Out! Central, terapia virtuale messa punto dall’equipe di medici australiani del Servizio di Assistenza delle Malattie Mentali e Prevenzione dei Suicidi in età giovanile. Secondo questi esperti, infatti, vestendo i panni di un personaggio da videogioco un giovane può riuscire con più facilità a curare i danni della psiche.
Impegnati dal 1999 nella ricerca di nuove forme di dialogo con i ragazzi affetti da disturbi della personalità, depressioni e attacchi di panico, gli esperti hanno avviato una campagna di informazione sul territorio e anche attraverso un sito internet (http://www.reachout.com.au/). Questa campagna tradizionale, però, ha avuto esito fallimentare. È così giunto per i medici il momento di sperimentare un metodo diverso, e per farlo hanno pensato di utilizzare un videogioco.
Il meccanismo è pressappoco questo: innanzitutto si passa alla realtà virtuale accedendo alla pagina web del centro. Da qui si può entrare direttamente nell’ambiente interattivo e definire subito l’umore del proprio avatar, identificandosi con uno dei dieci personaggi a disposizione. Col movimento di un cursore che appare sul display si può scegliere un avatar felice, triste, rilassato, stressato, pauroso, sicuro di sé, superficiale e serio.
Lo scopo del gioco è essenzialmente quello di dirigere il personaggio attraverso situazioni ben precise nelle quali le persone care pongono il ragazzo di fronte a decisioni di una certa criticità. L’interazione avviene all’interno di momenti propri della vita di tutti i giorni, come potrebbe essere la colazione insieme ai genitori o una festa con gli amici. Le situazioni possibili sono dieci e i livelli di difficoltà due.
Il ragazzo dovrà quindi decidere, in relazione ai pensieri, alle sensazioni e ai comportamenti del personaggio scelto, di agire o rifiutare il confronto. Esattamente come se egli vivesse per un po’ nella vita di un’altra persona e familiarizzasse con le sue problematiche. Via via sarà possibile tentare di cambiare l’umore, e le possibili oscillazioni verranno misurate da un metro posizionato in fondo alla schermata.Si cercheranno quindi nuove tattiche da applicare alla propria vita. Ad ogni conclusione positiva di uno scenario si guadagnano dei punti o, al contrario, si perdono.
Nelle situazioni più difficili, il giocatore ha possibilità di consultare il Big Picture, un vademecum di consigli terapeutici legati a problemi di vario genere: cosa fare quando si è nervosi? Come affrontare le responsabilità? Come accettare se stessi e i propri limiti?
Alla fine del gioco tutte le informazioni e le capacità acquisite saranno riassunte nell’Action Plan, una sorta di tabella a punti, un prezioso strumento di assistenza psicologica da stampare e conservare. Se l’esito della partita, della durata di 40 minuti, è stato insoddisfacente sarà possibile contattare l’help line del centro che fornisce assistenza diretta con gli psicologi nonché gli indirizzi dei centri più vicini.
Gli psicologi che hanno realizzato il progetto sanno bene che Reach Out! Central non potrà essere sostituito ad una terapia vera e propria ma può certamente essere considerato una forma moderna e non invasiva che aiuti i ragazzi a prendere confidenza con se stessi e a trovare il coraggio di chiedere aiuto, cercando di tenere sotto controllo l’ansia e i brutti pensieri.
Alessandra

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