In una scuola primaria di Milano la maestra ha fatto scrivere sul quaderno dei suoi alunni: “In occasione della festa di Halloween si potrà venire vestiti a festa evitando di portare bastoni, caramelle e gadget di qualsiasi tipo. E niente trucco”.
Tuttavia, racconta Il Giornale, non tutti i genitori l’hanno presa bene. Tanto che il caso è arrivato fino alle orecchie del Codacons, che non ha fatto tardare al sua denuncia: «Ha dell’allucinante l’avviso comparso sul quaderno delle comunicazioni dei bambini. Cosa rimane da fare ai bambini tolto dolcetto scherzetto, il trucco ed i gadgets?».
L’avviso, annuncia il Codacons, sarà anche inviato alla direzione scolastica, all’assessore comunale all’Istruzione e al ministro Stefania Giannini. «Vedremo cosa avranno da dire per giustificare tale chiusura mentale. Questo è un mondo in cui vanno posto dei limiti alle fragilità e alle paranoie degli adulti. In modo particolare agli adulti che hanno compiti organizzativi negli spazi dei bambini»
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«Mi sembra – commenta il presidente Codacons – che si tratti un esercizio gratuito della burocrazia a danno di bambini che chiedono solo di festeggiare assieme. E invece gli alunni sono stati costretti a stare in classe e non hanno nemmeno potuto andare in giro per i corridoi per il tradizionale dolcetto o scherzetto».
La dirigente scolastica dell’istituto comprensivo non si sarebbe pronunciata sulla comunicazione anti Halloween.
Se un commento è possibile, solidarizziamo con la maestra anche perché si tratta, contrariamente a quanto sostiene Codacons che dovrebbe interessarsi di cose più sostanziose, di un “barbarismo”, una ricorrenza che con la nostra tradizione non ha nulla a che fare, ma nulla nulla. Lo scimmiottamento, fra i tanti che accogliamo, celtico e germanico, come erano gli Angli e i Sassoni, acritico e passivo; mentre per quanto riguarda la Sicilia è stata del tutto dimenticata, e quella sì che era una tradizione millenaria, la “festa dei morti” allorché, nella notte fra l’1 e il 2 novembre, i nonni defunti portavano i regali ai nipoti: “le cose dei morti” si chiavano quei doni, in un dialogo mai sopito con gli antenati.
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