La “battaglia” contrattuale sulla mobilità sta di fatto prendendo avvio anche se per l’apertura ufficiale del tavolo bisogna aspettare ancora qualche giorno (sembra che il Ministero stia aspettando la firma definitiva del CCNL per aprire il confronto).
Allo squillo di tromba della FLC-Cgil risponde in queste ore Cisl-Scuola con un comunicato: “Il CCNL riporta al tavolo negoziale la discussione sulle regole per le prossime domande di mobilità. È un risultato importante che ci offre nuove opportunità per tutelare il personale docente sul quale incombono da tempo norme finalizzare a limitare i trasferimenti, introdotte a più riprese dal legislatore, con maggioranze di ogni tipo”.
“Il CCNL – afferma la segretaria generale Ivana Barbacci – ne affida esplicitamente la gestione delle modalità applicative al contratto: in quella sede lavoreremo per fare ciò che già ci è riuscito nel 2022, quando il CCNI [peraltro firmato dalla sola Cisl Scuola, n.d.r.] liberò dai vincoli 15.000 docenti neo assunti, pur in presenza di norme di cui riuscimmo ad attenuare l’impatto”.
Nella giornata dell’11 gennaio, un post pubblicato nella nostra pagina FB ha scatenato le proteste di molti docenti “vincolati” che rimproverano alla Cisl di non battersi con sufficiente determinazione per l’abolizione dei vincoli e di aver accettato anzi due contratti (l’integrativo del 2022 e quello nazionale del luglio 2023) che ribadiscono di fatto l’esistenza di leggi “inderogabili”.
Su questo, la leader di CISL Scuola risponde chiaramente (ma forse l’affermazione è rivolta anche alla Uil Scuola che da sempre continua a sostenere che i contratti – se lo si vuole – possono superare le leggi): “Deve essere chiaro a tutti che le norme di legge non si cancellano con i contratti: sostenere che sia possibile significa banalizzare la questione, o peggio ancora non averne la giusta consapevolezza”.
Nel merito, Barbacci ricorda che “anche la CISL Scuola, in molte occasioni, ha sollecitato Governo e Parlamento perché si cancellassero le norme sui vincoli, un modo superficiale, sbagliato e controproducente con cui si pensa di garantire la continuità didattica”.
“Puntare sui divieti – conclude – non è la strada giusta, mi chiedo peraltro che coerenza ci sia tra le tante affermazioni sulla necessità di politiche a sostegno della famiglia e norme che vietano a chi lavora lontano da casa di ricongiungersi al proprio nucleo familiare. Anziché cavarsela in modo sbrigativo ponendo divieti, si punti su forme di incentivo alla permanenza sulla stessa scuola, affidando il compito al contratto”.
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