Sulla vicenda dei vincoli alla mobilità c’è qualche novità, ma non così importante come si pensava nelle settimane scorse.
L’emendamento al decreto legge Sostegni ter all’esame del Senato in questi giorni, infatti, non prevede una vera e propria cancellazione del vincolo triennale ma semplicemente una deroga legata alla situazione di emergenza che stiamo attraversando.
In altre parole i vincoli restano ma per quest’anno – se l’emendamento verrà approvato, come è ormai molto probabile – potrebbe essere possibile presentare domanda di assegnazione provvisoria o di utilizzazione.
Ma da dove arrivano i vincoli alla mobilità e soprattutto, perché, non è stato finora possibile superarli con il contratto integrativo sottoscritto a fine gennaio dal Ministero e dalla Cisl Scuola?
La storia è lunga e risale all’autunno del 2019 quando, all’epoca del ministro Fioramonti, venne approvato il decreto legge 126 che conteneva misure urgenti per affrontare i problemi del precariato e del reclutamento dei docenti.
Decreto che non prevedeva assolutamente nulla in materia di vincoli alla mobilità. Ma, in sede di conversione in legge, la deputata del M5S Alessandra Carbonaro presentò un emendamento che
stabiliva quanto segue:
“A decorrere dalle immissioni in ruolo disposte per l’anno scolastico 2020/2021, i docenti a qualunque titolo destinatari di nomina a tempo indeterminato possono chiedere il trasferimento, l’assegnazione provvisoria, l’utilizzazione in altra istituzione scolastica ovvero ricoprire incarichi di insegnamento a tempo determinato in altro ruolo o classe di concorso solamente dopo cinque anni scolastici di effettivo servizio nell’istituzione scolastica di titolarità, fatte salve le situazioni sopravvenute di esubero o soprannumero”.
Lo stesso emendamento disponeva in modo chiaro che tali norme “non sono derogabili dai contratti collettivi nazionali”.
Successivamente, con il decreto legge 73 del 2021 (il cosiddetto Sostegni bis) il vincolo venne “attenuato” e portato a 3 anni.
Restava però l’impossibilità di derogare per via contrattuale.
Negli ultimi mesi, in occasione del rinnovo del CCNI sulla mobilità, il tema è tornato d’attualità.
Alcuni sindacati (Cgli e Uil in modo particolare) hanno sostenuto che la norma sul vincolo avrebbe potuto facilmente essere superata per via contrattuale, ma l’Amministrazione non ha potuto fare altro che attenersi alla disposizione di legge che prevede appunto l’inderogabilità della norma.
Erano state chiamate in causa anche le modifiche introdotte dal decreto 75 del 2017 (la cosiddetta “legge Madia”) che però – per la verità – è piuttosto chiaro su questo punto: “Nelle materie relative alle sanzioni disciplinari, alla valutazione delle prestazioni ai fini della corresponsione del trattamento accessorio, della mobilità, la contrattazione collettiva
è consentita nei limiti previsti dalle norme di legge”.
In altre parole: se la legge stabilisce che una certa disposizione non è derogabile per via contrattuale, vuol dire che quella stessa disposizione può essere modificata solo da una legge.
Allo stato attuale resta dunque fermo un fatto: per modificare le norme sui vincoli alla mobilità occorre una apposita legge e non basta un contratto.
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