Il vincolo quinquennale potrebbe avere dei profili di incostituzionalità. Lo sostiene l’avvocato di diritto scolastico Francesco Orecchioni, collaboratore della Tecnica della Scuola, che in occasione dell’incontro Sidels Mobilità del personale docente e vincolo quinquennale, spunti di riflessione tra oscillazioni giurisprudenziali e dubbi di costituzionalità, ha motivato le proprie considerazioni.
Quali punti deboli dell’impianto normativo che ha introdotto il vincolo quinquennale?
L’imposizione di un vincolo nelle operazioni di mobilità non è una novità nella normativa scolastica. Il vincolo quinquennale, disposto dal D.L. 126 del 2019, non è unico o speciale ma la novità riguarda la scelta di estendere il vincolo anche alle cosiddette operazioni di durata annuale, quindi alle assegnazioni provvisorie e alle utilizzazioni in altre istituzioni scolastiche nonché alla possibilità di ricoprire incarichi di insegnamento a tempo determinato in altro ruolo o classe di concorso, cosa che invece viene riconosciuta espressamente dal CCNL di comparto.
A partire dall’anno scolastico 2020-2021, i docenti sottoposti a vincolo quinquennale non possono fare domanda di assegnazione provvisoria o di utilizzazione. “La ratio della normativa, introdotta dal D.L. 126 del 2019, spiega l’avvocato Orecchioni, si fonda sulla doppia necessità di non lasciare sguarnite le scuole e di garantire la continuità didattica agli alunni.” Un tentativo che era stato fatto anche con la Legge della Buona scuola, sebbene anche quella legge non impediva di fatto di chiedere l’assegnazione provvisoria.
Innanzitutto, spiega l’esperto, il vincolo quinquennale è una disposizione che riguarda anche i docenti vincitori di concorso nel 2018, che da bando avevano la possibilità di partecipare alle operazioni della mobilità annuale e che si sono visti cambiare le regole del gioco con l’assunzione. Ma a parte questo aspetto, Francesco Orecchioni chiarisce: “La questione che appare stridere maggiormente con l’ordinamento giuridico è che l’assegnazione provvisoria è un istituto giuridico cui ricorrere solo per ragioni familiari, quali il ricongiungimento o il riavvicinamento al coniuge, ai figli, ai genitori, diritti sanciti dalla Costituzione agli articoli 29, 30 e 31.” In altre parole, un istituto che garantisce la famiglia (quale è quello dell’assegnazione provvisoria), e che non può essere adoperato per ragioni private o personali diverse da quelle familiari, viene messo in discussione, praticamente disconosciuto, dal vincolo quinquennale.
Peraltro, ricorda l’avvocato, l’istituto dell’assegnazione provvisoria non è un privilegio del comparto scolastico, in quanto anche le forze dell’ordine o l’esercito godono di questa possibilità. Una regola ritenuta valida, cioè, non solo per il personale scolastico, ma anche per gli agenti di polizia e il personale delle forze armate, i cui interessi familiari sono ritenuti dal legislatore particolarmente rilevanti.
Allora perché no alla mobilità annuale per il personale scolastico? Per i vuoti di organico e per la tutela del diritto degli alunni alla continuità didattica, pare. Tuttavia, fa notare Francesco Orecchioni, questa interpretazione non convince perché il divieto di mobilità è imposto anche all’interno della stessa provincia sebbene in quella provincia non si crei alcun vuoto di organico. E anche nel caso della continuità didattica, l’avvocato mette in luce un’altra contraddizione della Legge che impone il vincolo quinquennale.
Il diritto degli allievi viene elevato dal legislatore a diritto primario, concorrente a diritti di rango costituzionale come quelli definiti dagli articoli 29, 30 e 31 della Costituzione. Ed ecco la contraddizione secondo l’avvocato Orecchioni: la materia che riguarda l’assegnazione dei docenti alle classi è, per legge, di competenza del Dirigente Scolastico. Dunque, paradossalmente, un docente che fosse inibito dal presentare domanda di mobilità persino entro la stessa provincia, potrebbe tuttavia essere spostato a un’altra classe dello stesso istituto, in violazione della continuità didattica.
Insomma, il legislatore avrebbe dovuto stabilire il divieto di spostamento dei docenti da una classe all’altra se avesse voluto davvero tutelare il diritto degli alunni alla continuità didattica.
Ecco le conclusioni cui giunge Francesco Orecchioni: “Difficilmente sostenibile la tesi della continuità didattica elevata a pilastro dell’azione educativa, pilastro cui sacrificare diritti costituzionalmente tutelati quali quelli degli articoli 29, 30 e 31 della Costituzione. La norma in esame, cioè, richiama dubbi sulla ragionevolezza, specie laddove inibisce ai docenti neoassunti di presentare domanda di assegnazione provvisoria pure in presenza di posti disponibili.”
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