L’intervento operato sulla scuola dal decreto sostegni-bis, pur prevedendo un alleggerimento del vincolo quinquennale, passato da 5 a 3 anni, lascia con l’amaro in bocca decine di migliaia di docenti.
Nessuna deroga o diversa disciplina viene prevista per le assegnazioni provvisorie e ciò appare decisamente sbagliato.
Com’è noto, l’istituto dell’assegnazione provvisoria è utilizzabile esclusivamente per motivi di carattere familiare (ricongiungimento/riavvicinamento al coniuge, ai figli o ai genitori).
Diritti di rango costituzionale.
In questo caso, sono in gioco diritti di rango costituzionale, sanciti dagli articoli 29 e seguenti della Costituzione, quali la tutela della famiglia (art.29), il diritto/dovere di mantenere, istruire ed educare i figli (art. 30), mentre l’art.31 prevede l’agevolazione “con misure economiche ed altre provvidenze” ai fini della formazione della famiglia e l’adempimento dei relativi compiti, stabilendo -nel contempo- che la Repubblica “protegge la maternità, l’infanzia e gioventù, favorendo gli istituti necessari a tale scopo”.
Tra l’altro, tutti i dipendenti pubblici (compreso ad esempio il personale di polizia o le forze armate) hanno diritto di chiedere l’assegnazione temporanea ai sensi dell’art. 42 bis del D.lgs. n. 151/2001 (“Testo Unico della maternità e della paternità”).
Secondo questa norma, “Il genitore con figli minori fino a tre anni (..) può essere assegnato, a richiesta, anche in modo frazionato e per un periodo complessivamente non superiore a tre anni, ad una sede di servizio ubicata nella stessa provincia o regione nella quale l’altro genitore esercita la propria attività lavorativa”.
Ovviamente, sempre che ci sia un posto vacante e disponibile, ma tale posto
potrebbe essere individuato anche presso un’altra Amministrazione o in un’altra provincia.
Dunque, i docenti assunti nel 2020/21 sono gli unici soggetti all’interno del pubblico impiego cui è inibito per legge di riavvicinarsi alla propria famiglia, persino in via temporanea.
Poiché il divieto si riferisce persino ai movimenti all’interno della stessa provincia, il principio che si vuole tutelare non è tanto quello di impedire le “migrazioni” di docenti dal nord al sud, ma quello di garantire la continuità didattica.
L’aspetto che non convince, però, è che quello stesso docente che non ha il diritto di avvicinarsi alla propria famiglia e di esercitare il diritto-dovere di educare ed istruire i propri figli previsto dall’art. 30 della Costituzione, può essere tranquillamente spostato da una sezione all’altra dal Dirigente Scolastico, anche in violazione della continuità didattica.
Una regola che vale solo per alcuni.
Il bello è che il blocco (e il conseguente obbligo di garantire la continuità didattica) non riguarda tutti i docenti, ma solo una piccola minoranza e precisamente coloro che sono stati assunti “a partire dall’anno scolastico 2020/21”.
E’ solo sulle loro spalle che viene a gravare l’esigenza di garantire la continuità didattica, mentre oltre il 90% dei docenti può esercitare il diritto di scegliere una nuova sede, più confacente alle proprie esigenze familiari e professionali.
Si tratta di una clausola inutilmente vessatoria, che ha certamente contribuito al clamoroso flop della “call veloce”.
Una riforma a “costo zero”.
Il Presidente Draghi ha parlato dell’esigenza di limitare il tasso di denatalità sceso ai minimi storici, dicendo che “un’Italia senza figli è un’Italia che non crede e non progetta” e il 15 maggio si è celebrata con tanta enfasi la giornata internazionale della famiglia.
Prevedere una deroga al blocco, nel caso delle assegnazioni provvisorie,
consentirebbe a tanti docenti di poter svolgere la funzione di genitori, stando accanto ai propri figli, senza alcun danno per l’erario.
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