La strada da percorrere per arrivare all’abolizione del vincolo quinquennale sembra tutta in salita.
Anche nell’incontro svoltosi nel pomeriggio di oggi 2 marzo fra i sindacati e i vertici del Ministero non si è arrivati ad una conclusione.
Il fatto è che il vincolo quinquennale è espressamente previsto dalla legge 159 del 2019 che contiene anche un inciso del tutto inequivocabile: la norma non è derogabile per via contrattuale.
D’altronde gli incontri in corso in questa fase non hanno neppure una vera e propria valenza contrattuale (il CCNI, infatti è stato siglato il 6 marzo 2019 ed ha durata triennale).
Esclusa la possibilità di sottoscrivere un nuovo contratto che deroghi le norme di legge, il confronto fra le parti si sta focalizzando su una diversa soluzione: trovare il modo di rinviare per quest’anno l’applicazione della norma, in relazione alla emergenza pandemica.
Per la verità la strada migliore sarebbe stata quella di inserire una disposizione in tal senso nel decreto milleproroghe, ma nel corso del passaggio in Parlamento le forze politiche non sono riuscite a trovare un accordo.
Il punto fermo, in ogni caso, è che – se anche sindacati e Ministero dovessero trovare un accordo sarà comunque necessario un provvedimento di legge per renderlo efficace.
A questo punto si pone però un altro problema legato ai tempi particolarmente stretti: sarebbe cioè necessario spostare in avanti i termini delle operazioni, con tutte le conseguenze che si possono immaginare.
Senza trascurare un aspetto di non poco conto: qualsiasi accordo su questa materia dovrebbe passare sotto le Forche Caudine della Funzione Pubblica di Renato Brunetta che la Cgil non ha esitato a definire fin da subito come il peggior ministro possibile.
Difficile pensare che Brunetta possa dimenticare questa definizione quando dovrà esprimersi sulla questione.
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