Fino a pochi giorni fa sembrava che l’abolizione del vincolo quinquennale potesse ridursi ad una semplice formalità.
I sindacati – seppure in modo non ufficiale – si dicevano convinti che un’intesa si sarebbe trovata anche perché nel corso del loro primo incontro con Patrizio Bianchi avevano segnalato la questione e si erano sentiti più o meno rispondere “ci penseremo”. E tanto era bastato per far dire che sul tema c’era apertura da parte del Ministro.
Durante questa settimana si sono svolti diversi incontri fra Ministero e sindacati senza però arrivare ad un risultato concreto, anche perché – ovviamente – i dirigenti di Viale Trastevere non hanno nessuna autorità per sottoscrivere un accordo di natura politica.
Si è andati avanti giorno dopo giorno ad annunciare che nella seduta successiva il problema sarebbe stato chiuso, ma anche nell’incontro di venerdì non è accaduto nulla e tutto è stato rimandato alla prossima settimana.
Secondo i sindacati pareva che, in questa circostanza, si sarebbe potuto seguire lo stesso percorso fatto con il Ministro Bussetti sul tema della “chiamata diretta” che era stata congelata.
Ma questa volta il tema è assai più complesso perché il vincolo quinquennale è espressamente previsto da una legge dello Stato e per cancellarlo o anche solo per sospenderlo è necessario un intervento legislativo.
La questione è di difficile soluzione sul piano politico anche per un altro motivo: la norma sul vincolo quinquennale è contenuta in una legge approvata dal Parlamento nel dicembre 2019 grazie in particolare al voto di PD, M5S e IV (anche Leu aveva votato a favore perché il Governo aveva posto la fiducia ma nelle sue dichiarazioni la senatrice De Petris aveva detto di essere nettamente contraria al provvedimento sul vincolo).
Per i parlamentari che poco più di un anno fa avevano votato a favore della disposizione sarebbe quindi molto difficile assumere ora una posizione diametralmente opposta.
Inoltre c’è una complicazione legata ai tempi: passare attraverso un atto legislativo significherebbe rinviare ancora le procedure di mobilità con il rischio di compromettere le operazioni di avvio del nuovo anno scolastico, con tutte le conseguenze del caso.
Allo stato attuale, insomma, il problema appare di difficile soluzione, ma è anche possibile che – in zona Cesarini – il Ministro riesca a formulare una proposta che piaccia ai sindacati.
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