In più occasioni abbiamo toccato il tema del vincolo quinquennale introdotto per i docenti neo immessi in ruolo dal 1° settembre 2020, analizzando i vari profili sui quali interviene il blocco (trasferimento, assegnazione provvisoria o utilizzazione in altra istituzione scolastica, incarichi di insegnamento a tempo determinato in altro ruolo o classe di concorso).
La norma fa salve tuttavia le situazioni sopravvenute di esubero o soprannumero, nonché i casi di cui all’articolo 33, commi 3 e 6, della legge n.104/92, purché le condizioni di disabilità ivi previste siano intervenute successivamente alla data di iscrizione ai rispettivi bandi concorsuali ovvero all’inserimento periodico nelle graduatorie ad esaurimento.
In sostanza, in presenza di situazioni di esubero sopravvenute alla fase di immissione in ruolo, o i docenti dichiarati soprannumerari, possono partecipare alla procedura di mobilità, non avendo più una sede di titolarità in quanto in situazione di esubero o soprannumero.
L’altra ipotesi riguarda i docenti che beneficiano della legge 104/92 in quanto disabili o in quanto assistono un congiunto disabile.
Affinché si possa bypassare il vincolo, la condizione di disabilità – personale o del congiunto – dev’essere sorta in epoca successiva alla presentazione della domanda di partecipazione al concorso, se si è stati assunti tramite concorso, oppure in epoca successiva all’inserimento nelle graduatorie ad esaurimento, qualora si è stati assunti tramite le Gae.
Viene quindi previsto un limite temporale che, in maniera alquanto discutibile, tratta in maniera diversa le situazioni di disabilità – personale o del congiunto assistito – sulla base di un mero criterio temporale.
Questa differenza di trattamento delle situazioni di cui all’articolo 33, commi 3 e 6, della legge n.104/92 presenta non pochi dubbi di legittimità, sol se si pensi alle conseguenze fortemente penalizzanti che derivano dal blocco quinquennale previsto non solo per la mobilità, ma addirittura anche per l’assegnazione provvisoria.
Se la via giudiziaria, come è probabile, sarà percorsa da molti, l’unica possibilità di evitare la necessaria proposizione di una questione di legittimità costituzionale della norma, è quella di evidenziare il contrasto della stessa con i principi comunitari di non discriminazione dei disabili e di parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro, con la conseguente disapplicazione della norma di cui all’art.399 del TU per contrasto con il diritto comunitario.
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