Una recente sentenza del Tribunale di Pesaro (patrocinata dall’avvocato Francesco Scenna) ha dato ragione ad una Dirigente Scolastica che aveva chiesto di poter fruire dell’assegnazione temporanea per poter assistere il proprio bambino.
L’assegnazione temporanea è prevista dall’art. 42-bis del D. Lgs. n.151/2013 (Assegnazione temporanea dei lavoratori dipendenti alle amministrazioni pubbliche”).
Secondo questa disposizione, il genitore con figli minori fino a tre anni di età – dipendente di amministrazioni pubbliche- può essere assegnato, a richiesta, anche in modo frazionato e per un periodo complessivamente non superiore a tre anni, ad una sede di servizio ubicata nella stessa provincia o regione nella quale l’altro genitore esercita la propria attività lavorativa.
La norma richiede però alcune condizioni:
a) deve esserci un posto vacante e disponibile;
b) è necessario il “previo assenso delle amministrazioni di provenienza e destinazione”.
Tuttavia, “l’eventuale dissenso deve essere motivato e limitato a casi o esigenze eccezionali”.
Inoltre, “l’assenso o il dissenso devono essere comunicati all’interessato entro trenta giorni dalla domanda.”
L’istituto dell’assegnazione temporanea si applica a tutti i dipendenti pubblici, mentre quello dell’assegnazione provvisoria riguarda specificamente il comparto scuola.
L’assegnazione temporanea può essere richiesta solo in caso di figli con età inferiore a tre anni (non è prevista, ad esempio, per ricongiungimento al coniuge o ai genitori).
Tuttavia, rispetto all’assegnazione provvisoria, può riguardare l’intera regione in cui l’altro genitore lavora.
In tal modo, potrà essere ottenuta anche qualora nella provincia non vi siano sedi disponibili, consentendo comunque un significativo riavvicinamento.
La giurisprudenza ha da tempo chiarito che la disposizione citata riconosce un vero e proprio diritto soggettivo al dipendente (e non una semplice facoltà discrezionale dell’Amministrazione).
La ratio della legge va individuata nella necessità di assicurare ai bambini in tenera età la possibilità di vivere all’interno del nucleo familiare in una fase così delicata della loro vita.
Non a caso, il Legislatore ha sentito la necessità di intervenire sulla norma, modificandola (rispetto alla sua originaria formulazione) e specificando che “il dissenso deve essere limitato a casi o esigenze eccezionali”.
La necessità di assicurare una particolare attenzione ai diritti dei bambini discende da quegli imprescindibili principi costituzionali posti a tutela della famiglia (e in special modo dei minori).
Deriva inoltre da quanto stabilito dalla Convenzione ONU sui diritti dell’infanzia, ratificata dall’Italia con legge n. 176/1991, che prevede espressamente la “necessità di far crescere i bambini all’interno di un ambiente familiare sano e sereno”.
In particolare, l’art. 3 della Convenzione stabilisce che “Gli Stati parti si impegnano ad assicurare al fanciullo la protezione e le cure necessarie al suo benessere, in considerazione dei diritti e dei doveri dei suoi genitori, dei suoi tutori o di altre persone che hanno la sua responsabilità legale e a tal fine adottano tutti i provvedimenti legislativi e amministrativi appropriati”.
Non sono rare dunque le pronunce – come quella del Tribunale di Pesaro – che hanno riconosciuto ai dipendenti del comparto scuola di fruire dell’assegnazione temporanea, anche in deroga al vincolo triennale.
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