In Italia una donna su tre è stata vittima di violenza nel corso della sua vita: lo dicono i dati Istat. Lo conferma l’alto numero di denunce di molestie e abusi. Cambiare si può, soprattutto partendo da una vera parità di genere. A dirlo è stata la senatrice Pd Valeria Fedeli, ex ministra dell’Istruzione, in un passaggio dell’intervento in programma alla Conferenza nazionale trasmesso sul canale 3 della web tv del Senato.
L’iniziativa, organizzata dalla Commissione di inchiesta del Senato sul femminicidio, è stata organizzata a 10 anni dalla firma della Convenzione di Istanbul e per la costituzione della rete accademica UN.I.RE..
Fedeli: colpa della dominazione maschile sulle donne
“Eliminare la violenza e costruire la parità di genere – ha detto Fedeli – sono parte di un orizzonte di cambiamento dei percorsi di sviluppo sociale, economico, culturale che dobbiamo ancora realizzare. La violenza contro le donne non è un fenomeno di natura episodica, né emergenziale: è un problema strutturale”.
La senatrice dem ha tenuto quindi a dire che la violenza sulle donne “è una manifestazione dei rapporti disuguali tra i sessi che hanno portato alla dominazione maschile sulle donne e alla discriminazione nei loro confronti, ed è un ostacolo fondamentale al raggiungimento della piena uguaglianza previsto dall’articolo 3 della nostra Costituzione”
L’ex numero uno del ministero dell’Istruzione ha quindi ribadito che il problema va affrontato, applicando anche “la Convenzione di Istanbul del consiglio d’Europa che il nostro Parlamento ha ratificato all’unanimità con la legge n 77 del 2013”.
“Da ciò – ha proseguito Fedeli – dipende l’impegno vasto e continuativo che occorre mettere in campo per contrastarla e prevenirla e su cui da ministra dell’Istruzione, Università e Ricerca ho voluto investire molto. Penso in particolare alle linee guida previste dal comma 16 della Buona scuola e quindi al Piano nazionale per l’educazione al rispetto fondamentale nell’ambito delle competenze che alunne e alunni devono acquisire come parte essenziale dell’educazione alla cittadinanza”.
Puntare sulla parità
Fedeli ha anche citato le “Indicazioni per le azioni positive del Miur sui temi di genere nell’Università e nella Ricerca per il superamento delle discriminazioni di genere e il raggiungimento della parità in ambito universitario e della ricerca”.
La senatrice Pd si è quindi scagliata contro gli “stereotipi che inducono donne e uomini a seguire percorsi educativi e formativi diversi, spesso portando le donne a posti di lavoro meno valutati e remunerati”.
Ha infine rivendicato la necessità di attuare “un forte investimento nelle carriere delle donne nel mondo accademico e della ricerca, forti anche della consapevolezza che la partecipazione femminile in ambiti dove le donne sono attualmente sottorappresentate, come quelli scientifici e tecnologici, può contribuire ad aumentare l’innovazione, la qualità e la competitività della ricerca scientifica e industriale”.
La ministra Messa: per noi è una priorità
“Il mio ministero – ha assicurato la ministra dell’Università Cristina Messa nel corso della conferenza nazionale sul tema – metterà in atto iniziative volte a rafforzare il potere di trasformazione che l’università può avere”.
Anche favorendo “iniziative mirate come la rete UnIRe, incentivare le ricerche in percorsi multidisciplinari e far assumere il tema di parità di genere come una priorità culturale, politica, scientifica ed economica. In questi progetti devono essere coinvolti indistintamente donne e uomini”.
“E’ arrivato il momento di avere un piano anti violenza che sia strutturale, quindi triennale, con risorse garantite”, ha incalzato la ministra per le Pari opportunità e la Famiglia Elena Bonetti.
Bisogna “costruire – ha continuato – azioni e processi contro la violenza maschile sulle donne. La violenza contro le donne va riconosciuta, un fenomeno per troppo tempo rimasto nascosto. La parità di genere è necessaria come presidio della nostra democrazia. Dove viene negata, lì si insinua la discriminazione e le radici della violenza”.
Tuttavia, “le leggi, le regole, non bastano mai a cambiare le regole: è necessario un forte intervento di sensibilizzazione nei confronti dei giovani, ecco perché UnIRe è fondamentale”, ha specificato la ministra della Giustizia Marta Cartabia.
“Molto è stato fatto, ma anche molto resta da fare per contrastare un fenomeno che non esito a qualificare come incivile, perché gravemente lesivo della dignità della persona e fondato su rapporti di prevaricazione, sopruso, potere, proprio in un ambito, quello domestico, dove ogni persona cerca sicurezza, conforto, cura, protezione”.
Secondo Cartabia manca ancora una “adeguata protezione alle vittime di violenze domestiche”: ha quindi ricordato che durante la pandemia c’è stata una recrudescenza dei casi, come dimostra “l’aumento delle denunce per i maltrattamenti domestici nell’ultimo anno”, ma evidenziando anche che “la giustizia non ha mai fermato il suo corso: i procedimenti per i reati contro gli abusi familiari sono tra quelli che non hanno subito alcuna sospensione e sono stati trattati con priorità”.
Il Codice Rosso del precedente governo
Cartabia ha quindi definito il Codice Rosso del suo predecessore Alfonso Bonafede il “passo più importante” dal punto di vista legislativo compiuto dall’Italia per dare attuazione alla Convenzione di Istanbul che domani compie dieci anni. Ma fa presente che “c’è ancora tanto da fare”, soprattutto in tema di affidamento dei figli, dove ci sono ancora “lacune legislative”, come evidenziato dal Grevio, l’organismo europeo di esperti indipendenti che monitora l’attuazione della Convenzione.
Al di là delle leggi è comunque necessario anche “un intervento culturale forte di sensibilizzazione specie nei confronti dei giovani”, ha concluso la ministra.
In ogni caso, “le donne vittime di violenza devono avere la consapevolezza del rischio a cui si va incontro, ecco perché la denuncia è fondamentale”, ha tenuto a dire la ministra dell’Interno Luciana Lamorgese.
Casellati: prima delle armi del diritto…
Anche per la presidente del Senato Elisabetta Alberti Casellati “la lotta alla violenza di genere deve essere combattuta con le armi del diritto, della legalità e della giustizia. Ma prima ancora va affrontata con la forza della cultura. Una cultura più forte dell’indifferenza, dell’intolleranza, dell’ignoranza dettata dal pregiudizio”.
“Una cultura che possa restituire a ciascuna donna il diritto ad essere pienamente libera, pienamente se stessa”, ha concluso Casellati.
Il tema è sentito anche nell’Unione europea. Ursula von der Leyen, Presidente della Commissione europea, qualche settimana fa a Bruxelles si è intrattenuta sulla parità di genere, dicendo che prima di tutto è necessario fermare la violenza sulle donne e che bisogna mettere le donne al centro della ripresa.