Sulla violenza sulle donne, alla luce di quanto accaduto all’ennesima vittima di femminicidio, Giulia Cecchettin, molto si sta muovendo. Anche la celebre cantante Fiorella Mannoia ha detto la sua. Come riporta La Repubblica l’artista ha deciso di modificare il testo della sua celebre canzone “Quello che le donne non dicono“.
Ieri, durante un concerto all’EuropAuditorium di Bologna, Mannoia ha spiegato il motivo: “È un brano a cui sono molto legata. Ho deciso di cambiare il finale perché era giusto: dicevo sempre ‘Ti diremo ancora un altro sì’, ma non è mica vero… La cantavo e pensavo ‘non è mica detto, perché danno per scontato che dobbiamo dire un sì?’. Potrebbe essere un forse, o un no. E quando una donna dice no, con qualsiasi vestito, in qualsiasi circostanza e condizione, è no”.
“Purtroppo leggendo le cronache, ci si rende conto che la violenza sulle donne sembra essere una cosa che non trova soluzione, anzi pare che le cose stiano peggiorando, e oggi la rete divulga di più le notizie delle violenze e questo ci dà la dimensione del fenomeno. È una guerra e a innescarla è sempre lo stesso movente: un uomo che non accetta la volontà di una donna, ma a preoccuparmi è anche il fatto che alla violenza ci si abitui, per questo è fondamentale mantenere i riflettori puntati. Va abolita l’abitudine di colpevolizzare le vittime e di giustificare il carnefice”, ha aggiunto.
E, infine la cantante ha parlato del ruolo della scuola: “C’è ancora molto da fare, ed è un percorso che possiamo fare solo tutti insieme, perché siamo tutti vittime di stereotipi, uomini e donne. Io credo che per cambiare mentalità dovremmo cominciare a parlare nelle scuole già ai bambini delle elementari, che sono più ricettivi, per insegnare il rispetto reciproco, nei confronti delle donne, del diverso, in generale per insegnare il rispetto umano”.
Non è la prima volta che Fiorella Mannoia parla della scuola in questi termini. La cantante è intervenuta sullo stupro di Palermo della scorsa estate facendo delle dichiarazioni abbastanza forti: “Mi sono interrogata se, dopo aver letto quelle chat, fosse il caso di pubblicarle. ‘Lo faccio, non lo faccio, le pubblico o non le pubblico?’, mi sono chiesta. Ho deciso di pubblicarle nelle mie pagine perché si possa capire a fondo quali sono le motivazioni, se ci sono e non ci sono, che spingono dei giovani a comportarsi in questo modo, ad accanirsi così tanto sul corpo di una donna. Allora ho deciso che forse quelle chat dovrebbero essere portate nelle scuole”.
“Perché – ha spiegato – un conto è dire ‘hanno violentato un’altra e ci dispiace’, un conto è leggere quello che sono stati capaci di dire loro, che poi saranno le stesse parole che dicono anche gli altri quando succedono queste cose terribili che sono stupri da branco”.
E ha concluso: “Sul palco della Taranta non dirò quello che sto dicendo ora perché è una serata di festa, però ci tengo, prima di cantare ‘Fimmine fimmine’, a dire due parole, a sottolineare quello che vi ho spiegato”, ha continuato Mannoia parlando ai giornalisti. Quella canzone si presta perché comincia proprio con ‘donne donne alziamo la voce’ ed è il momento di alzare veramente la voce perché siamo arrivati a un limite massimo”.
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