Dopo la presentazione del progetto “Educare alle relazioni“, cura del ministro dell’Istruzione e del Merito, diversi esperti del settore hanno sollevato delle criticità sulla scelta di affidare una parte dell’educazione sentimentale alle scuole. Tra questi, Paolo Crepet, che ha affermato: “Ci laviamo la coscienza con un’oretta di educazione sentimentale e psicologi. Togliamo la tecnologia a scuola”.
A dire la propria è anche lo psicologo psicoterapeuta Giuseppe Lavenia che su Repubblica ha scritto una lunga lettera rivolta ai genitori.
Lavenia è anche presidente Associazione Nazionale Dipendenze Tecnologiche, GAP e Cyberbullismo “Di.Te”, docente di Psicologia del Lavoro e delle Organizzazioni Università Politecnica delle Marche.
Ecco la lettera integrale.
Cari genitori, svegliamoci!
La nostra società sta affrontando una crisi profonda e complessa, il femminicidio, e l’educazione dei nostri figli gioca un ruolo cruciale. È tempo di agire nell’educazione emotiva dei nostri ragazzi, e non possiamo lasciare tutto sulle spalle della scuola.
Scaricare il peso dell’educazione affettiva sui docenti è come lasciare un biglietto: “Insegnate a mio figlio a gestire emozioni, delusioni, e, se c’è tempo, anche a legare le scarpe”. Sembra un assurdo, eppure…
L’educazione sentimentale inizia a casa
I bambini imparano a gestire le emozioni con noi, i genitori, non solo nei corridoi scolastici. Demandare tutto agli insegnanti è come ignorare una pianta bisognosa d’acqua e sperare che qualcun altro se ne occupi.
La scuola può e deve svolgere un ruolo, ma non può e non deve essere l’unica istituzione responsabile.
Ora, poniamoci una domanda seria: quanti di noi genitori dialogano apertamente di sentimenti con i propri figli? Siamo noi i primi modelli per loro. Se non affrontiamo questi temi in casa, non dobbiamo stupirci se i giovani si sentono perduti di fronte alle prime difficoltà emotive. La scuola contribuisce, ma aspettarsi che faccia tutto è come pretendere che un cuoco gestisca da solo un banchetto per cento persone.
La negligenza delle famiglie
Da psicoterapeuta, vedo quotidianamente le conseguenze di questa mancanza: giovani confusi, incapaci di gestire le proprie emozioni, spesso perché in famiglia non hanno avuto esempi o spazi per apprendere tali competenze. È tempo di finirla con questa negligenza.
Non possiamo più giocare al rimpallo di responsabilità. L’educazione emotiva è un compito che ci coinvolge tutti: scuola, famiglia, società. È un appello alla responsabilità collettiva, un’urgenza per crescere adulti emotivamente sani e resilienti. La scuola fa la sua parte, ma senza il nostro sostegno attivo, il suo lavoro rischia di essere un grido nel vuoto.
Manca l’educazione basata sull’empatia
È essenziale riflettere sul messaggio che trasmettiamo ai nostri figli riguardo al rispetto dell’altro sesso e alla gestione della frustrazione e della rabbia. I femminicidi sono la tragica punta di un iceberg che affonda le sue radici in un tessuto sociale dove spesso manca un’educazione basata sul rispetto e sull’empatia. Non è solo una questione di educazione, è una questione di civiltà. Ogni genitore ha il dovere di intervenire, di essere presente, di educare. Non possiamo più permetterci di restare in silenzio, né di delegare ad altri un compito che è fondamentalmente nostro.
La scuola non può fare tutto da sola.
Agiamo, ora.
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