La violenza virtuale in tutte le sue forme e genere ha conseguenze molto gravi e complesse, aumenta i livelli di ansia, di depressione e abbassa l’autostima da parte di chi la subisce.
La violenza virtuale si manifesta attraverso atti e comportamenti dannosi perpetrati tramite uno o più mezzi digitali, tra cui le piattaforme di social media, i forum online, le app di messaggistica e ambienti virtuali di gioco. Chi è vittima di una qualsiasi tipologia di violenza virtuale ha paura di subire molestie online, è portato quindi all’isolamento sociale e rinuncia alla socialità sulle piattaforme social.
Aspetto ulteriormente rilevante è la violenza subita dalle donne, fenomeno negativo che di fatto comporta la diminuzione degli sforzi che vengono fatti per raggiungere l’uguaglianza di genere.
Il fenomeno va, però prima di tutto misurato e quantificato prima ancora di poter intervenire con delle azioni mirate.
La lotta contro ogni genere di violenza richiede un approccio coordinato e multidisciplinare, che coinvolga tutti i ruoli della società, persone, comunità, enti governativi, politica e aziende tecnologiche che forniscono le piattaforme digitali. È essenziale condurre studi di livello accademico, sia quantitativi che qualitativi, che esaminino le risposte del sistema dal punto di vista delle vittime.
Da un report della Polizia Postale di maggio 2023, emergono numeri allarmanti, che evidenziano anche l’importante lavoro svolto. Oltre 2600 siti illegali individuati e bloccati, 1466 persone indagate per reati di pedopornografia, 430 casi di adescamento on line di minore.
E proprio il report stesso a parlare di sinergie e approccio multidisciplinare, con accordi presi con Save of Children, Telefono Azzurro , Comunità di Sant’Egidio ed altri per favorire “un modello operativo improntato sulla sinergia, la compartecipazione e la condivisione, al fine di rendere l’opera di tutela e di messa in sicurezza di bambini e ragazzi una realtà concreta”.
Molto interessante e concreta l’iniziativa “Una vita da social” condotta dalla Polizia Postale insieme al Miur che ha coinvolto oltre 2 milioni e mezzo di studenti sia nelle piazze che nelle scuole, 220.000 genitori, 125.000 insegnanti per un totale di 17.000 Istituti scolastici, 400 città raggiunte sul territorio e due pagine Twitter e Facebook con 127.000 like e 12 milioni di utenti mensili sui temi della sicurezza online.
Sono sempre più importanti, quindi, i programmi di istruzione e di sensibilizzazione a tutti i livelli per promuovere la “consapevolezza digitale” e per insegnare pratiche online sicure. Una formazione specifica sulla violenza virtuale contro donne e ragazze con una prospettiva di genere, al fine di garantire risposte tempestive ed efficaci da parte delle forze dell’ordine nel contrasto alla criminalità online.
Sarebbe molto utile avviare importanti campagne strutturate e continue non legate ad iniziative spot perché i fenomeni sociali vanno monitorati in maniera continuativa, di sensibilizzazione ed educazione per donne e ragazze, a partire proprio dalle scuole. Questo per consentire una diffusa educazione sulla violenza virtuale, informare sulla conoscenza dei propri diritti, degli strumenti giuridici a disposizione per la loro tutela e dei servizi sociali di supporto disponibili.
E’ fondamentale rafforzare il quadro legislativo, ad oggi ancora obsoleto nella maggioranza dei Paesi ad alta digitalizzazione, e i meccanismi di applicazione delle leggi al fine di individuare e punire efficacemente i responsabili di tali reati.
Serve, inoltre, la possibilità di creare spazi digitali più sicuri tramite avanzate impostazioni di privacy, moderazione dei contenuti e meccanismi di segnalazione facili per contribuire significativamente a mitigare il rischio di violenza virtuale.
Occorre lavorare in maniera integrata e collettiva come società digitalmente evoluta per accrescere la consapevolezza, promuovendo la resilienza digitale e creare un ambiente digitale inclusivo e sicuro, in cui donne, ragazze e tutti i soggetti vulnerabili possano partecipare pienamente senza temere la violenza o la discriminazione. Il mondo digitale deve essere un porto sicuro, uno strumento che migliora la vita e non deve essere vissuto come un pericolo.
Per questi motivi è importante il ruolo della scuola come detto, dei legislatori, ma anche di insegnanti, educatori e genitori. Il gap generazionale non deve giustificare l’assenza di questi ruoli nel percorso di crescita culturale verso il mondo digitale.
Non basta pensare che essendo nativi digitali, bambini e adolescenti siano in grado di discernere i contenuti presenti in rete pur essendo bravi utilizzatori degli strumenti.
Servono modelli culturali positivi e saldi in grado di combattere modelli negativi legati al genere e al potere.
Il ruolo degli educatori nell’accezione più ampia possibile deve essere quello di guida ai giovani all’uso dei media, non divieti, ma utilizzo consapevole. La società tramite anche la scuola deve lavorare alle radici per promuovere un’educazione di genere promossa attraverso la costruzione individuale della persona basata su valori corretti, positivi e basati su ogni tipo di egualità.
I compiti a casa sono il momento del consolidamento e della rielaborazione delle conoscenze, e dell'esercitazione…
È partito il 21 scorso alle 15,10 da Torino Porta Nuova il "Sicilia Express", il…
Una aspirante partecipante al concorso ordinario PNRR 2024 della scuola primaria e infanzia, ci chiede…
Il 19 dicembre 2024 segna un passo decisivo per l’organizzazione del concorso docenti. Con una…
Una docente precaria con un contratto a tempo determinato da parte del dirigente scolastico fino…
Finita la scuola, a giugno, molte famiglie potrebbero essere in diffcoltà perchè non avranno la…