Attualità

Violenze al Beccaria: forse più scuola potrebbe aiutare i minori

Nell’Istituto penale minorile “Cesare Beccaria” di Milano è stata eseguita un’ordinanza di custodia cautelare nei confronti di 13 agenti della Polizia penitenziaria, altri otto sono stati sospesi dal servizio, con l’accusa di maltrattamenti e concorso in tortura nei confronti di minori, compresa una tentata violenza sessuale nei confronti di un detenuto. 

Cosa sta succedendo in una struttura il cui fine dovrebbe essere quello di educare questi ragazzi, caduti nella trappola della delinquenza, alla cittadinanza, riconsegnandoli, al termine della pena detentiva, alla società come cittadini consapevoli dei loro diritti e dei doveri e soprattutto coscienti che la vita va vissuta nel rispetto delle regole e delle opportunità che essa offre anche in termini di cultura, arte, sapere, dignità?  

E cosa può fare allora il mondo della scuola nei confronti di costoro che la sorte, la vita, le condizioni economiche, gli accadimenti che si sono frammessi nella loro crescita hanno infine racchiuso nelle carceri? 

E cosa si può fare anche in rispetto della Costituzione e soprattutto secondo umanità?

Di sicuro, come da parte di chi ogni giorno ha a che fare con questi minori viene segnalato, appare fondamentale spingere sulla educazione che in tutti gli istituti di pena e in particolare in quelli minorili deve “recuperare centralità”. 

Il fine infatti resta quello della “rieducazione del reo, che comporta una responsabilizzazione da parte del giovane autore di reato sull’atto commesso e sulle sue conseguenze. Un carcere che ricorre al mero contenimento, con detenzione e farmaci come unici elementi della vita nel penitenziario, crea un contesto in cui tutti i soggetti coinvolti stanno peggio, più facile è il ricorso alla violenza, più difficile gestire ragazzi che vivono un forte malessere. Per questo è necessario che anche gli agenti penitenziari partecipino, con gli educatori, a percorsi formativi rivolti alla rieducazione dell’autore di reato, e a una supervisione continua”.

E ancora: come vengono preparati gli “educatori” a svolgere la loro delicata azione nelle carceri? 

Tuttavia l’altra carenza che viene denunciata riguarda il fatto che gli educatori, essenziali per la riabilitazione, sono ben al di sotto del necessario. Infatti, con soli 785 educatori assegnati per un totale di 58.987 detenuti, risulterebbero 75 detenuti per ogni educatore. Che sembra numero insufficiente. 

“Ci dovrebbe essere -dicono gli esperti- una formazione comune tra educatori e agenti. Nella formazione bisognerebbe creare una cultura del lavoro con i minorenni. Questo è un tema importante. O qualcuno spiega e fa crescere con la cultura del minorile, oppure non ce la si può inventare”.

Pasquale Almirante

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