La cronaca di tutti i giorni ci propina fatti di violenza dentro e fuori le aule da parte di alunni e genitori che hanno appreso il malcostume, o meglio il vezzo, di offendere e, in casi più gravi, di malmenare gratuitamente il docente che in classe svolge la sua funzione di educatore e di facilitatore delle conoscenze, per motivi futili (o per una brutta insufficienza o per una nota disciplinare inflitta all’alunno oppure per parole volgari che sono “volate” durante una discussione). Sui fatti si ragiona, soprattutto se si tratta di persone in carne e ossa. Non si può, in un ambiente democratico qual è la scuola, dove si “dovrebbero” insegnare agli alunni le regole, tollerare ogni forma di violenza gratuita e mandare i docenti in corsie ospedaliere. Il docente svolge un compito delicatissimo e difficilissimo, ma spesso viene deriso, oltraggiato, insultato. È d’uopo qui ricordare che il docente quando si trova all’interno della scuola riveste il ruolo di pubblico ufficiale e offenderlo è considerato dal Codice Penale “oltraggio al pubblico ufficiale”.
La definizione di “pubblico ufficiale” la si trova nell’art.357 del c.p. comma 1 che recita testualmente: “Agli effetti della legge penale sono pubblici ufficiali coloro i quali esercitano una pubblica funzione legislativa, giudiziaria o amministrativa. Quindi tutti coloro che svolgono un lavoro nella Pubblica Amministrazione sono considerati “pubblici ufficiali” e l’offesa arrecata loro è perseguibile penalmente anche con la reclusione. Infatti l’art. 341 bis del c. p. precisa che “Chiunque, in luogo pubblico o aperto al pubblico e in presenza di più persone offende l’onore e il prestigio di un pubblico ufficiale mentre compie un atto d’ufficio ed a causa o nell’esercizio delle sue funzioni è punito con la reclusione fino a tre anni”. Viene spontanea una domanda: perché se qualcuno offende un agente di Polizia, un Carabiniere, un magistrato, un medico viene immediatamente condotto in caserma e deferito all’Autorità giudiziaria mentre per un docente ciò non accade? La risposta risiede nel fatto che la scuola ha perso il suo prestigio sociale e l’insegnante non è affatto considerato per il ruolo che svolge. In virtù di questo e in assenza di leggi chiare e puntuali che la giurisprudenza italiana non possiede perché nel nostro Paese le leggi ci sono ma sono aleatorie.
Quindi i genitori e gli alunni, in mancanza di una certezza della pena, si sentono quasi autorizzati dallo Stato ad offendere gratuitamente il docente, dal momento che lo stesso ha le mani legate e non possiede gli strumenti idonei per potersi difendere. L’insegnante è quindi un pubblico ufficiale e l’esercizio delle sue funzioni non è circoscritto alla tenuta delle lezioni ma si estende alle connesse attività preparatorie, contestuali e successive, ivi compresi gli incontri dei genitori degli allievi.
Mario Bocola
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