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Visite specialistiche fuori Regione, andrebbe ricompreso il giorno di viaggio. Ecco il parere di due esperti che smonta quello dell’ARAN.

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Il presente articolo prende le mosse da un caso reale che accade in un Istituto Comprensivo calabrese. Interessantissima l’analisi fatta dall’avv. Domenico Ruggiero esperto di diritto scolastico e dalla dott.ssa Alessandra Villari. I due esperti di legislazione scolastica entrano nel merito del diritto dei giorni di malattia per visite specialistiche fuori Regione.

Malattia per visita specialistica

Il fatto in esame vede come protagonista una docente in servizio presso una scuola primaria, la quale richiedeva che, all’interno del periodo di malattia fruito, venisse ricompreso anche il giorno di viaggio indispensabile a raggiungere la struttura sanitaria fuori dalla regione di residenza ai fini dell’espletamento di visite specialistiche e cure mediche.

Diniego del dirigente scolastico

Il Dirigente scolastico negava tale richiesta basando le sue ragioni su un orientamento applicativo dell’ARAN (n. 263 del 26 settembre 2017), il quale, richiamando l’art. 55 septies, c. 5 ter, del decreto legislativo n. 165 del 30 marzo 2001, applica una interpretazione errata e inappropriatamente restrittiva della medesima norma, negando il diritto al riconoscimento del giorno del viaggio come malattia, e sostenendo che la docente dovesse convertire il giorno del viaggio in permesso retribuito.

Ricostruzione della fattispecie sotto il profilo giuridico

Il dato normativo di riferimento è rinvenibile nell’art. 48 del CCNL Comparto Scuola, rubricato: “Permessi orari retribuiti per particolari motivi personali o familiari”; tra i permessi retribuiti di cui il docente può disporre su domanda, vengono ricompresi quelli richiesti “per particolari motivi personali o familiari.”. La clausola prevede in modo generico che tali permessi possano essere fruiti per motivi personali e familiari consentendo, quindi, a ciascun dipendente, di individuare liberamente e in totale discrezione le situazioni soggettive o le esigenze di carattere personale o familiare ritenute più opportune ai fini del ricorso a tale particolare tutela contrattuale. In accordo con l’orientamento CIR33 dell’Aran, “in ogni caso, i motivi addotti dal lavoratore non sono soggetti alla valutazione del dirigente scolastico.”.

Alla luce di ciò, è significativo menzionare il dispositivo della Circolare Ministeriale del 27 giugno 1996 n. 301, che, nello specifico, riconosceva il diritto da parte del dipendente ad assentarsi per il tempo strettamente necessario all’effettuazione della prestazione sanitaria, ricomprendendo anche i giorni eventualmente richiesti per il viaggio .

Fuori di dubbio, quindi, l’ipotesi di ricomprendere il giorno del viaggio richiesto per cure mediche come motivo personale o familiare, configurandosi invece il momento del viaggio come fattispecie strumentale e condizione stessa per il verificarsi di accertamenti medici indispensabili.

Pare ovvio che il viaggio stesso consente al lavoratore di espletare le cure fuori sede e, conseguentemente, rende possibile fruire del periodo di malattia riconosciuto dalla legge.

L’ipotesi del giorno del viaggio espletato per consentire al dipendente di recarsi presso la struttura medica ai fini dell’espletamento delle cure deve quindi rientrare in tutt’altra fattispecie.

Seppure il CCNL Comparto Scuola pare carente di una specifica disposizione in merito, la ragione per cui anche il giorno di viaggio debba essere ricompreso nel periodo di malattia risiede proprio nella disposizione legislativa già richiamata: l’art. 55 septies c. 5 ter D.Lgs. 165/2001, l’articolo infatti stabilisce che: “Nel caso in cui l’assenza per malattia abbia luogo per l’espletamento di visite, terapie, prestazioni specialistiche od esami diagnostici il permesso è giustificato mediante la presentazione di attestazione, anche in ordine all’orario, rilasciata dal medico o dalla struttura, anche privati, che hanno svolto la visita o la prestazione o trasmessa da questi ultimi mediante posta elettronica.”.

Dal testo summenzionato si evince chiaramente che la documentazione sanitaria può riferire “anche in ordine all’orario”, volendo in tal senso significare che in capo al medico spetti la possibilità di circoscrivere l’orario in cui la visita è stata effettuata al tempo strettamente necessario. Sarebbe erroneo intendere tale possibilità al solo circoscrivere il tempo della visita a periodi inferiori al giorno, non potendosi escludere che il medico possa dare atto di attività preparatoria e successiva agli esami da effettuare che prevedano periodi superiori al giorno.  La lettera della norma fa riferimento, lo si ribadisce, fa riferimento al tempo necessario all’espletamento della visita medica nel quale va chiaramente ricompreso l’attività secondaria e strumentale alla visita da effettuare. Va pertanto ricompreso nel novero del tempo  necessario alla visita medica il tempo di viaggio per raggiungere la struttura sanitaria, attività strumentale ma imprescindibile, senza la quale la visita medica non sarebbe possibile.

A rafforzare tale orientamento e chiarire qualsiasi dubbio residuo, l’assenza per malattia effettuata per l’espletamento di visite, terapie, prestazioni specialistiche od esami diagnostici è stata regolamentata anche dal Decreto Legge n. 98 del 2011, successivamente convertito nella legge n. 111/2011, il quale ha modificato il comma 5 dell’articolo 55-septies del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, stabilendo che la suddetta assenza viene giustificata mediante la presentazione di attestazione rilasciata dal medico o dalla struttura, sia pubblica che privata, che ha svolto la visita o la prestazione. Pertanto, se l’assenza per malattia viene fruita per un esame o visita specialistica, deve essere considerata a tutti gli effetti come malattia.

Sentenze del TAR Lazio

Sulla correttezza della interpretazione proposta si reperiscono importanti conferme nei principi espressi nella Sentenza del TAR Lazio n. 5714 del 17 aprile 2015.

Con la suddetta sentenza il TAR Lazio ha annullato, a seguito di ricorso della FLC CGIL,  la circolare n. 2/2014 del Dipartimento della Funzione Pubblica presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri in merito alle assenze per visite specialistiche, la quale prevedeva che “…per l’effettuazione di visite, terapie, prestazioni specialistiche od esami diagnostici il dipendente deve fruire dei permessi per documentati motivi personali, secondo la disciplina dei CCNL, o di istituti contrattuali similari o alternativi (come i permessi brevi o la banca delle ore).”;

La sentenza del TAR fissa principi fondamentali nel corretto approccio al tema:

  1. Con riferimento all’applicazione dell’art. 55-septies, comma 5 ter, D.Lgs. n. 165 del 2001 “l’utilizzo della parola “permesso”, in luogo della seconda espressione “assenza” invece presente nel precedente testo, non è stato logicamente introdotto a meri fini linguistici, per evitare una ripetizione dello stesso concetto, ma per fare riferimento a modalità di regolazione della mancata prestazione lavorativa legate agli istituti contrattualmente previsti per giustificare un’assenza diversi dalla malattia intesa come stato patologico in atto”;
  2. I permessi regolamentati nei rispettivi contratti di comparto hanno una finalità del tutto diversa da quella relativa alla cura dello stato di salute e anche per la loro esiguità non possono essere estesi ad altri scopi”. Non vi sono dubbi sulla sussistenza di una notevole differenza tra i permessi, effettivamente limitati a pochi giorni (nello specifico è previsto un totale di massimo 18 ore all’anno per gli stessi) aventi finalità diverse e le assenze per malattia, nelle quali rientrano invece le visite specialistiche, le terapie e gli accertamenti diagnostici;
  3. La norma […] fa riferimento non solo a “terapie” e “prestazioni specialistiche”, che potrebbero ben collegarsi a stati patologici, ma anche a generiche “visite” ed “esami diagnostici”, che tali stati – auspicabilmente peraltro – potrebbero non rilevare. È evidente, infatti, che un soggetto può sottoporsi a indagini diagnostiche per mero fine esplorativo nonché a visita medica a mero scopo preventivo e/o di controllo di uno stato di buona salute”.
  4. L’utilizzo dei permessi comporterebbe indubbiamente uno sconvolgimento nell’organizzazione di lavoro e personale del dipendente che ben potrebbe aver già usufruito di tali forme di giustificazione di assenza, confidando di poter avvalersi dell’ulteriore modalità di “assenza per malattia” prima prevista dalla conformazione della richiamata norma e del CCNL applicabile o, viceversa, non potrebbe più avvalersi di tali “permessi” per documentati motivi personali diversi dallo svolgimento di terapie, visite e quant’altro”.

I principi sopra evidenziatisi sono evidentemente applicabili all’attività secondaria o strumentale alla visita da effettuare, incoerentemente ricondotta dall’interpretazione ARAN a dover essere giustificata con i permessi contrattualmente previsti per scopi inconciliabili ed affatto diversi. Si avrebbe così il tempo della visita o dell’esame clinico giustificato ai sensi dell’art. 55-septies, comma 5 ter, D.Lgs. n. 165 del 2001, mentre il tempo di viaggio, senza il quale la visita medica non sarebbe neppure possibile, andrebbe giustificato impropriamente con i permessi per documentati motivi personali.

L’interpretazione proposta dall’art. 55 septies c. 5 ter D.Lgs. 165/2001 oltre ai principi espressi dalla Giurisprudenza Amministrativa, trova solide conferme di ordine sistematico.

Le assenze per visite specialistiche devono essere disciplinate dalle norme contrattuali nell’ambito del chiaro perimetro dell’art. 55 septies c. 5 ter D.Lgs. 165/2001, senza che residui spazio alcuno per interpretazioni limitanti il diritto alla salute di cui all’art. 32 Cost, tale per cui: “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti. Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana.”.

Escludere il tempo di viaggio dalla medesima disciplina prevista per le visite mediche e le cure configura una grave violazione dell’art. 8 bis, c. 2 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 che così dispone: “I cittadini esercitano la libera scelta del luogo di cura e dei professionisti nell’ambito dei soggetti accreditati con cui siano stati definiti appositi accordi contrattuali”. Il diritto alla libera scelta del medico e del luogo di cura è riconosciuto altresì dall’art. 27  del Codice di Deontologia Medica, sia dalla legge di riforma sanitaria n. 502/1990.

Conclusioni

In ragione di quanto esposto, escludere il viaggio finalizzato alla visita medica dall’ambito applicativo dell’Art. 55 septies c. 5 ter D.Lgs. 165/2001, viola il chiaro dettato della norma, prospettando un’interpretazione della norma in contrasto a principi di rango costituzionale;  si pone altresì in distonia con le norme sopra richiamate, violando le basilari regole dell’interpretazione sistematica e dell’interpretazione costituzionalmente orientata.

Tale interpretazione si prospetta come intrinsecamente contraddittoria di una fattispecie unica (tempo di viaggio – tempo di effettuazione della visita medica) pretendendo di ricondurli irrazionalmente a discipline diverse con il risultato paradossale che: l’eventuale esaurimento dei giorni di permesso renderebbe impossibile l’effettuazione della visita, vanificando lo scopo della legge esplicitamente inteso a favorire la c.d. medicina preventiva.

Bibliografia

Agenzia per la Rappresentanza Negoziale delle Pubbliche Amministrazioni, Orientamento Applicativo “CIR33”;

Contratto collettivo nazionale di lavoro relativo al personale del comparto istruzione e ricerca – Triennio 2016-2018, art. 48;

Circolare Ministeriale del 27 giugno 1996, n. 301;

Codice di Deontologia Medica – Titolo III, Rapporti con la Persona Assistita, art. 27;

Decreto legislativo del 30 dicembre 1992, n. 502 – Riordino della disciplina in materia sanitaria, a norma dell’articolo 1 della legge 23 ottobre 1992, n. 421, Titolo II – Prestazioni, art. 8;

Decreto Legislativo n. 165 del 2001, art. 55 septies, c.5 ter.;

Legge del 15 luglio 2011 n. 111;

Tar Lazio, 17 aprile 2015, sent. n. 5714/2014.