Leggo che gli ultimi Ministri accarezzano sempre più amorevolmente l’idea che la scuola superiore sia accorciata da 5 a 4 anni. Perché – dicono – è così in molti Paesi d’Europa. Perché così si permette ai giovani di anticipare di un anno la loro scelta universitaria. Perché così si crea un corso superiore di studi più flessibile e agile e personalizzato in vista dell’università. Chi è vaccinato contro questo linguaggio aziendo-scolastichese felpato e sornione del ministero fiuta subito che c’è sotto, come sempre, un secondo e un terzo fine. Ma per scoprirli meglio bisogna salire un po’ più in alto, come i saggi epicurei e i generali dell’antichità. E salendo un poco e osservando i programmi attuali di studio delle superiori si vede subito che un anno in meno significa uno studio liceale molto più raffazzonato e sommario (vogliamo chiamarlo agile?) delle materie sia scientifiche che umanistiche. Salendo ancora un po’ si vede meglio che la scomparsa di un anno nel curricolo superiore significa la scomparsa di un quinto delle cattedre – già falcidiate di recente – e dei prof, specialmente i precari. Fin qui – direi – una visione (o uno spettacolo) poco edificante che si poteva immaginare, per facile deduzione matematica, anche restando in pianura. Ma se saliamo più in alto ancora, molto più in alto, ecco che osserviamo che questo assottigliarsi degli anni e delle materie di studio e delle cattedre alle superiori non coincide, negli ultimi tempi, con un analogo sfoltimento di anni di studio e di cattedre all’università. Anzi: da più di un decennio il corso universitario di studi è stato artificiosamente (e rovinosamente – aggiungerei – per i curricoli del settore umanistico, persino a detta di molti illustri cattedratici della vecchia guardia) allungato di un anno per tutti (il famigerato 3+2!). Ecco cosa si vede scalando la montagna della verità: un liceo violentemente accorciato, come in un letto di Procuste, e una università innaturalmente allungata e liceizzata. Chissà perché? Chissà che cosa vorranno dire queste manovre strategiche di lungo termine che tolgono, sempre e immancabilmente, minestra da un piatto già semivuoto e la aggiungono, sempre e immancabilmente, ad un altro ipergarantito? Chissà perché, infine, al Ministero dell’istruzione e della università siedono quasi sempre ultimamente rettori universitari e mai professori o presidi di scuola media? Chissà perché da oltre un lustro gli stipendi dei prof sono bloccati, qualsiasi contrattazione negata, le condizioni e i carichi di lavoro aumentati (e destinati ad aumentare) gratuitamente a dismisura, le classi diventate rumorosi e ingestibili pollai? Tutto ciò mentre la casta degli accademici (almeno ai suoi livelli medio alti) conserva posti, stipendi e privilegi intatti, compreso quello di occupare numerosa in ogni legislatura gli scranni del parlamento e del governo (quasi il 20% di deputati e di senatori e gran parte dei ministri, benché essa rappresenti meno dello 0,1 % degli elettori!!) e pressoché stabilmente la sedia ministeriale della Minerva? Ai lettori l’ardua risposta…
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