Il congresso del PD si è concluso con un esito non del tutto scontato: se la vittoria di Renzi era, almeno in parte, prevista e prevedibile, nessuno si aspettava una sconfitta così pesante per Emiliano.
Ma queste tutto sommato sono questioni interne al PD. Per il mondo della scuola questo risultato potrà avere qualche conseguenza?
Difficile dirlo adesso, si potrà fare una riflessione più accurata dopo le primarie di fine aprile.
Per intanto però una inversione di rotta del PD in materia di politiche scolastiche appare molto improbabile: tutto sommato il risultato, piaccia o non piaccia, sta ad indicare che Renzi ha ancora i due terzi del partito dalla sua e quindi potrebbe essere convinto della bontà dei “fondamentali” della riforma da sottoporre, tutt’al più, a qualche ritocco.
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Qualche anticipazioni sulle intenzioni del PD (e di Renzi) nei confronti della scuola ce l’avremo probabilmente nei prossimi giorni quando il dibattito parlamentare sullo schema di decreto leglisativo in materia di modifiche al testo unico sul pubblico impiego entrerà nel vivo. Se le richieste sindacali relative alla possibilità di intervenire per via contrattuale sulle disposizioni di legge dovessero essere accolte allora significherebbe che il PD sta decidendo di tentare qualche apertura “a sinistra”.
D’altronde, ormai, i decreti legislativi previsti dal comma 181 della legge 107 sono stati licenziati dalle Commissioni parlamentari e la loro approvazione definitiva è questione di giorni.
Piuttosto, può darsi che quanto prima venga dato l’annuncio dell’imminente apertura del tavolo per il rinnovo del contratto nazionale: Renzi potrebbe pur sempre sostenere che con il Governo Gentiloni si continua sulla strada già aperta.
Insomma, l’ipotesi più probabile, sembra quella della classica politica di “un colpo al cerchio e una alla botte” nel tentativo di riacquistare, almeno in parte, i consensi persi dopo l’approvazione della legge 107.
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