Da diversi anni sto assistendo ad una campagna politica e non, che fomenta l’opinione pubblica contro la scuola paritaria: “i finanziamenti alla scuola paritaria tolgono soldi a quella pubblica e sono contro la Costituzione”!
Benissimo. Analizziamo questa affermazione che leggo un po’ ovunque sui social, che ormai hanno dato voce a tutti, anche a chi nella vita reale magari non è mai sceso in piazza a protestare ma, incredibilmente, si trasforma in un leone dietro la tastiera.
A proposito del termine pubblico, per carità può capitare una svista, non è possibile giustificare come “distrazione” la mancanza d’ informazione, infatti: “Il riconoscimento della parità scolastica inserisce la scuola paritaria nel sistema nazionale di istruzione e garantisce l’equiparazione dei diritti e dei doveri degli studenti, le medesime modalità di svolgimento degli esami di Stato, l’assolvimento dell’obbligo di istruzione, l’abilitazione a rilasciare titoli di studio aventi valore legale e, più in generale, impegna le scuole paritarie a contribuire alla realizzazione della finalità di istruzione ed educazione che la Costituzione assegna alla scuola. Le scuole paritarie svolgono un servizio pubblico e devono accogliere chiunque, che, accettandone il progetto educativo, richieda di iscriversi. compresi gli alunni e studenti con handicap”.
Questo è quanto si legge nell’ordinamento per la libertà di educazione ai sensi della Legge del 10 marzo 2000, n. 62. Ricordo, inoltre, che anche le scuole pubbliche paritarie, così come le scuole pubbliche statali ricevono visite ispettive da funzionari pubblici.
E la Costituzione?
Chi vuole cancellare il finanziamento alle scuole paritarie, fanno appello all’articolo 33 ricordando che gli istituti privati devono andare avanti “senza oneri per lo Stato”. Benissimo. Per correttezza, però, riportiamo anche il comma 4:
La legge, nel fissare i diritti e gli obblighi delle scuole non statali che chiedono la parità, deve assicurare ad esse piena libertà e ai loro alunni un trattamento scolastico equipollente a quello degli alunni di scuole statali.
A tal proposito, molti genitori che hanno scelto per i loro figli le paritarie fanno notare che da cittadini pagano regolarmente le tasse, ma non usufruiscono del servizio della scuola pubblica, dunque trovano giusto che ci sia almeno un contributo da parte dello Stato per la scuola frequentata dai loro figli.
Delle soluzioni che rispetti in toto l’art.33 della Costituzione e il diritto di scelta educativa delle famiglie, a mio modesto avviso, ci sarebbero.
Nella “laicissima” Francia il sistema delle scuole paritarie, che nel 95% dei casi è d’ispirazione cristiana cattolica, è riconosciuto (dal 1956) e sostenuto dallo Stato attraverso tre tipi di finanziamento: stipendia i professori, eroga un indennizzo forfettario per ogni ragazzo iscritto, offre un sostegno economico per la ristrutturazione/costruzione d’immobili ad uso scolastico. Le rette sono bassissime e in molti istituti calibrate in funzione dei redditi.
Non dico che la “cattolicissima” Italia dovrebbe fare esattamente come La Francia, ma poiché la nostra Costituzione è formata da 139 articoli, vorrei ricordare che il comma 1 dell’art. 30 così recita: “E` dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli, anche se nati fuori del matrimonio”.
Perché dunque non dare direttamente alle singole famiglie, in base al reddito, quel contributo economico che si vuol negare alle paritarie? Saranno esse stesse, così, a scegliere se educare ed istruire i figli in una scuola pubblica paritaria o in una scuola pubblica statale. Tutto ciò potrebbe essere da stimolo per una sana e virtuosa competizione tra gli istituti scolastici dell’intero territorio nazionale.
Filomena Pinca