La separazione tra organico di diritto ed organico di fatto non è stata creata dal legislatore per particolari esigenze giuridico-didattiche delle scuole.
Infatti non vi è traccia di questa distinzione nei famosi decreti delegati del 1974.
A quel momento il Ministero stabiliva l’organico delle singole scuole e successivamente effettuava i trasferimenti e le nuove nomine.
Il problema che si poneva nella metà degli anni ’90 era causato dall’espansione scolastica.
Dopo il sessantotto e l’ondata successiva di contestazioni durata molti anni vi era stata una forte crescita della scolarizzazione, in particolare a livello di scuola secondaria di secondo grado e di università. Tutti i numeri della scuola erano in forte crescita e per parecchi anni si ebbe il fenomeno patologico della fila dei genitori per l’iscrizione dei figli alle scuole: figurarsi che queste file talora duravano anche la notte!
Ovviamente con questa enorme richiesta di scuola anche i numeri dei docenti crebbero molto rapidamente perché, dove non vi era un numero sufficiente di aule, si facevano i doppi turni, la mattina ed il pomeriggio, ed in qualche caso eccezionale si fece perfino il terzo turno, pur di soddisfare le richieste di iscrizione a fronte di una insufficienza di aule.
In questa situazione del tutto nuova per l’Italia, la struttura amministrativo-ministeriale ereditata dal fascismo era del tutto insufficiente, sia perché era piccola sia perché era centralizzata.
Lo stesso potenziamento dei Provveditorati agli studi provinciali, adottato alla fine degli anni ’60, non fu risolutivo dei problemi, pur attenuandone alcuni. Nel 1972 il Ministero della Pubblica Istruzione ottenne per legge un grande aumento di organico dei dirigenti e degli impiegati passando da circa tremila dipendenti ad un organico di oltre dodicimila. Partì subito una raffica di concorsi di reclutamento esterni ed interni. Ma nel giro di un paio di anni ci si accorse che questi rimedi, necessari se pur costosissimi, erano insufficienti o comunque non bastevoli, rispetto alle novità anche giuridiche che venivano create dalla necessaria evoluzione della struttura statale.
Infatti, tra le molte novità, all’inizio degli anni ’70 erano nati i T.A.R. . Da quel momento l’amministrazione non potè più difendere il proprio operato con procedimenti, lenti e discrezionali, come quelli dei ricorsi gerarchici o dei ricorsi straordinari al Capo dello stato, in cui l’imparità di forze tra amministrazione e ricorrente era assoluta.
Il Ministero si trovò, quindi, nella prima metà degli anni ’70 a dover affrontare veri e propri giudizi in cui il rapporto tra Amministrazione e ricorrente era pari.
Ed in materia di trasferimenti e nomine il Ministero della Pubblica Istruzione dovette fronteggiare decine di migliaia di ricorsi ai TAR che lo videro spesso perdente con la conseguenza, non secondaria, che sovente l’attuazione di una decisione di un TAR apriva problemi operativi di grandezza simile ai problemi dimensionali (il conflitto di interessi di centinaia di migliaia di docenti) che avevano causato la insufficiente attività amministrativa sanzionata giustamente dai TAR.
Si capì, allora, che solo l’informatica poteva provare a gestire numeri e problemi nella quantità e con la velocità necessaria. Non causalmente il MPI entrò nel campo dell’informatica, primo tra i Ministeri insieme al Ministero delle Finanze, spinto quest’ultimo, dall’altro enorme problema della gestione della riscossione delle imposte.
Infatti solo l’informatica poteva provare a gestire il problema della mobilità del personale, irresolubile facendo i trasferimenti a mano e su cui il MPI perdeva sempre di fronte ai TAR.
Il problema nodale era questo. I docenti chiedevano i trasferimenti elencando le sedi da essi preferite nel numero di 15 o 20 a seconda dell’ordine scolastico. Dopodichè si prendeva l’elenco dei posti liberi e disponibili e si cominciava ad assegnare le cattedre nell’ordine di priorità che i docenti avevano. Fin qui tutto bene.
Però nel momento in cui ad un docente veniva assegnata una sede da lui richiesta, questi, in quel momento, ne lasciava libera un’altra, quella di sua originaria titolarità.
Ovviamente anche questa cattedra veniva aggiunta successivamente al novero delle cattedre libere e disponibili e si procedeva similmente con i professori che erano dopo nella graduatoria.
Il problema giuridico nasceva dal fatto che la cattedra testè liberatasi poteva essere stata richiesta da un docente, che veniva prima in graduatoria ed a cui era stata assegnata una cattedra da esso meno gradita, tenendo conto dell’ordine delle preferenze espresse. Ovviamente gestendo i movimenti a mano era impensabile che ad ogni cattedra che si liberava per una nuova assegnazione venisse ripercorsa tutta la relativa graduatoria dal primo docente.
Per risolvere questo ed altri problemi di complessità anche maggiore nel 1974-75 si decise di introdurre l’informatica nel Ministero.
Si deve dire che in quella occasione non si badò a spese ed il Ministero, dopo aver ottenuto in Finanziaria capitali di ingente entità, avviò il sistema basato su grandi elaboratori IBM, gestiti per la progettazione del software dalla Italsiel, la medesima ditta che stava iniziando a gestire anche i problemi di riscossione delle imposte del Ministero delle Finanze.
La sede centrale venne posta a Monte Porzio Catone dove erano i locali di un ex Convitto nazionale che venne tutto ristrutturato e venne approntata un specie di bunker corazzato semisotterraneo in cui vennero posti gli elaboratori IBM della massima potenza con tutti i loro accessori, affinchè fossero protetti anche da possibili attentati terroristici. Similmente per motivi di sicurezza due copie di tutto il software e di tutti i fondamentali data-base delle scuole e dei docenti e degli ATA vennero conservati in luoghi blindati non conosciuti: in tal maniera anche in presenza di un attacco terroristico che distruggesse completamente la sede centrale, il sistema sarebbe potuto ripartire nel giro di 48 ore, facendo girare su altri elaboratori le copie del software conservate altrove e perdendo solo le operazioni svolte nell’ultima giornata.
Nel frattempo l’Italsiel stava facendo il procedimento di analisi, con i funzionari ministeriali, dei problemi della definizione degli organici e della mobilità del personale.
Dopo circa un anno nel 1976 si iniziò a costruire i data-base delle scuole, dei docenti e degli ATA e si iniziò a simulare le operazioni che, svolgendosi prima dell’inizio dell’anno scolastico, ne consentivano un regolare avvio.
Due cose l’Italsiel constatò subito. Per prima cosa si dovevano iniziare le operazioni a gennaio se si voleva concludere per giugno-luglio in tempo utile a rettificare gli errori che non si poteva escludere che gli elaboratori commettessero, specie nei primi anni. Ma la seconda cosa fu anche più grave: il sistema informativo non era assolutamente in grado di svolgere in tempo utile tutte le operazioni, pure previste per legge, da farsi prima dell’avvio dell’anno scolastico ed in oltre non era neppure pensabile che, nel giro di alcuni anni, lo sviluppo della potenza dell’hardware dei grandi elaboratori, potesse risolvere il problema.
Peraltro non vi era alcuna certezza che il software appena generato desse subito risultati accettabili entro il tempo stabilito.
Anche in questa occasione il Ministero ed il comitato per l’automazione appena creato per coinvolgere i tecnici di scuola, i dirigenti e le forze sindacali reagirono con molta saggezza: si stabilì che per alcuni anni (sino a che l’hardware ed il software esistenti non fossero stati pienamente collaudati) il sistema informatico centrale avrebbe gestito solo la determinazione delle cattedre dei docenti sulla base delle classi richieste dalle scuole ed autorizzate dai Provveditorati e l’assegnazione delle cattedre libere e disponibili ai docenti che le avevano chieste per trasferimento.
Per dare una qualche veste giuridica a questa scelta necessaria, il Ministero nominò queste operazioni, che avrebbero potuto benissimo chiamare “gialle” o “verdi”, “organico di diritto” e tutte le restanti operazioni (nomine, assegnazioni provvisorie, passaggi di cattedra etc.etc.) , che continuarono per molti anni a farsi a mano tra agosto e settembre, “organico di fatto”.
Lì per lì la scelta apparve ragionevole. Purtroppo le due locuzioni “organico di diritto” e “organico di fatto” , nella generale non conoscenza delle banali ma imprescindili cause che le avevano rese necessarie, hanno generato l’idea che le operazioni svolte per l’organico di diritto avessero una legittimazione maggiore di quelle svolte per l’organico di fatto.
Niente di più falso se solo si considera l’importanza delle operazioni che si svolgevano presso i Provveditorati all’inizio dell’anno scolastico.
Purtroppo la nomina su una serie di cattedre di sostegno vennero aggiunte a queste operazioni ed il fatto che queste nomine fossero provvisorie rafforzò l’errato concetto che le operazioni sull’organico di fatto fossero di minor importanza perchè annuali e quindi provvisorie.
Comunque gli anni passarono e la saggia tenacia del MPI si rivelò pagante. Infatti nel giro di due o tre anni vennero superati gli errori di gioventù del software progettato dall’Italsiel e le operazioni informatiche per la determinazione delle classi e delle cattedre divennero affidabili e di routine. Con il passar degli anni, pian piano, tutte le operazioni vennero progressivamente affidate al Centro elaborazione dati di Monteporzio, che oggi gestisce, con generale soddisfazione, tutte le operazioni “di fatto e di diritto”, tanto per usare ancora questa assolutamente inutile distinzione.
Infatti oggi la distinzione tra i due organici non ha più senso, se non quello di fare l’ennesima cortesia al MEF, limitando artificialmente le nomine in ruolo e continuando, inutilmente, con lo stillicidio dei precari.
L’organico delle scuole è e deve essere unico con tutte le sue articolazioni ed operazioni, infatti l’evoluzione del software e dell’hardware del Centro elaborazione dati del Ministero della Pubblica Istruzione ci consentono oggi di dire: les jeux sont faits!
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