“La grande stagione della partecipazione dei lavoratori, degli studenti e dei docenti a partire dagli anni Sessanta e Settanta è stata la manifestazione di un’autonomia di cui ha beneficiato anche il sindacato nella scuola”. E credo fosse stata, anzi sicuramente “era l’egemonia di una società conflittuale e democratica”. Sono l e parole riportate all’interno di una intervista pubblicata sul Manifesto il 27 c.m., dal segretario del Sindacato CGIL Sinopoli.
Chiariamo subito che qui ho inteso riportare il concetto base non perché appartenga al Sindacato in oggetto, semplicemente perché dà adito ad una riflessione che nasce da lontano, e si riprende in tanti interventi personali, pubblicati su “La Tecnica della Scuola” (che ringrazio, ndr).
Non entro nel merito delle posizioni di colore, benché una idea molto chiara la abbia io e tutti, ma desidero soffermarmi sulla frase su citata, per sottolineare come, da tantissimo tempo, sia gravemente assente una partecipazione unitaria della Scuola, forse perché rassegnata, quest’ultima, o forse perché peccatrice di una “meritocrazia” che si materializza in un appartenere al “gruppo” dei pochi “intimissimi” collaboratori del o della DS… ., che trasmettono un messaggio di una Scuola efficiente (direi deficiente, in senso di deficere, (deficitaria, in vero…).
Una Scuola che sappiamo avere assunto una nuova figura, una nuova dimensione in nome del progresso e del consumo. Non più portatrice di valori e di cultura, ma noiosa ed annoiante. Sotto certi aspetti “vecchia” e sotto altri troppo “giovane” per sentirsi al passo con la modernità, tutta o troppo digitalizzata. E da qui quella noia che svuota i banchi delle classi nella drammatica assenza del Futuro (i ns ragazzi).
Siamo al giorno dell’accredito degli arretrati, portati in processione come vessilli di una conquista reale solo per il forte eco, mediatico in particolare, che ne ha seguito, più che nella sostanza. Vista la non reale totale somma. Per non sottolineare la mortificazione di un lavoro precario retribuito non alla scadenza mensile, come accadeva anni or sono e grazie al quale si tirava avanti con dignità (e alcuni come il sottoscritto si sono permessi il “lusso” di affrontare gli studi e raggiungere il titolo accademico). Poi ci scandalizziamo del lavoro nero… .
Una ennesima umiliazione, aggravata se si fa accompagnare da chi rimprovera l’assenza della partecipazione unitaria come lotta contro una Politica che della formazione non gliene frega nulla. Come della salute del cittadino.
Sono figlio di figli del Sessantotto. E ne attendo un altro. Non l’attesa del 24 Dicembre, quella è un’altra attesa, un’altra storia, un’altra narrazione storica.
Vorrei che il 2023 portasse alla consapevolezza e di conseguenza all’azione: un blocco delle attività didattiche, un continuo presidio dinanzi ai cancelli della Scuola, e man mano un crescendo di voci che si mischiano a quelle di tanti genitori impazziti perché non saprebbero dove “parcheggiare” i loro figli, perché questa è la nostra Scuola oggi: un parcheggio pubblico.
Vorrei che il 2023 consegnasse una Scuola coraggiosa, forte, autonoma, e finalmente LIBERA, come libero è il pensiero. Come libera è la Cultura.
Vorrei che il 2023 fosse l’anno di grazia per la nostra Scuola.
Buon anno.
Mario Santoro
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