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Voti a scuola, “strumenti di difesa per docenti che non riescono ad appassionare” o “unico modo per segnalare chi merita”?

La possibilità di eliminare le valutazioni, numeriche e non, scuola è più che mai attuale. Al liceo Morgagni di Roma, come abbiamo riportato, è stata avviata una sperimentazione in questo senso in un’intera sezione. I voti non sono del tutto aboliti, ma cambia profondamente l’approccio con la valutazione.

La differenza è che prima della loro pubblicazione i voti vengono discussi in classe con i diretti interessati, affinché nessuno “ci rimanga male”. I docenti non si limitano quindi ad assegnare un numero o una dicitura ma si impegnano a spiegare agli alunni il motivo della valutazione, offrendo loro spunti per rifletterci e per migliorare, con la collaborazione dei compagni.

Non ridurre la scuola a dei numeri

Questa idea ha i suoi detrattori e coloro che, invece, si dicono entusiasti. Tra questi il pedagogista Cristiano Corsini, docente presso l’Università di Roma, che, in un’intervista rilasciata al vicedirettore della Tecnica della Scuola Reginaldo Palermo, ha detto che “ci sono molte evidenze sperimentali che dimostrano chiaramente che gli studenti imparano di più e meglio quando non si usano i voti ma si impiegano strumenti di tipo descrittivo”.

D’accordo con un cambio nel modo di valutare gli alunni è anche il giornalista Riccardo Luna, che in un articolo pubblicato su La Repubblica ha espresso una lamentela che molti genitori sicuramente condividono. “Quando chiedo ai miei figli come è andata a scuola mi rispondono con un numero. Un voto. Se non hanno avuto interrogazioni, mi dicono che non è successo niente”, ha scritto.

“Come se stessero partecipando ad un campionato, una gara ad eliminazione. Io insisto, chiedo loro: ma cosa hai imparato oggi? C’è sicuramente stata una lezione indimenticabile che ti ha appassionato?”, ha aggiunto. Per Luna non bisogna prestare attenzione al voto, ma a ciò che rimane in ogni alunno delle lezioni a cui assistono.

Ecco cosa dovrebbe essere la scuola secondo Luna: “Ma la scuola è e dovrebbe essere molto di più. Un posto dove innamorarsi dello studio, dove comprendere che solo la conoscenza ci renderà liberi e migliori. E poi certo la scuola è anche un posto dove venir valutati. In questi giorni però sono emerse storie di scuole senza voti dove i professori provano ad accompagnare la crescita dei ragazzi e invece di 3 scrivono loro un giudizio articolato, per aiutarli a rimontare”.

“Ho come l’impressione che ridurre tutto a verifiche e voti sia l’autodifesa di un corpo docente che teme di non riuscire più ad appassionare i ragazzi: piuttosto che fallire, si arroccano sulla cattedra. Vorrei chiedere ai miei figli: come è andata a scuola? E sentirmi dire: papà, c’è stata una lezione bellissima”, ha concluso amaramente.

I pericoli di una scuola senza voti

All’opposto c’è invece l’opinione di Paolo Ercolani, docente di filosofia all’Università di Urbino, che ha affidato le sue riflessioni a Il Fatto Quotidiano. “Si vuole portare a compimento l’ormai decennale operazione di istupidimento di un’intera popolazione, nonché di allevamento di docili robot”, ha esordito duramente.

“La proposta scellerata di una scuola senza voti, apparentemente rivolta alla salute dei ragazzi, si rivela come il colpo di grazia alla formazione delle nuove generazioni. Con quasi il 100% di diplomi e lauree concessi agli studenti, infatti, il sistema della votazione è rimasto l’unico a segnalare chi merita ed emerge dalla massa”, ha aggiunto. Insomma secondo Ercolani una scuola senza voti produrrebbe un ulteriore appiattimento tra gli studenti, non permettendo ai più brillanti di emergere.

Laura Bombaci

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