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Voti a scuola, verso la loro reintroduzione alla primaria: ecco perché producono sudditanza e obbedienza acritica

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La sottosegretaria del ministero dell’Istruzione e del Merito, Paola Frassinetti, ha dichiarato: la proposta di reintrodurre il voto nella scuola primaria è sul tavolo del ministro Valditara.

“Il giudizio ha creato solo confusione nelle famiglie, complicando il lavoro dei docenti”: sopprimendolo si valorizza la professionalità docente, ora indebolita dagli atti di violenza e contrastata dall’ingerenza dei genitori.

Un intervento annunciato dalla presidente Meloni al meeting di Rimini: si privilegia il quantitativo al qualitativo, il sintetico al descrittivo e, in ultima analisi si vuole semplificare un problema complesso, un’azione scientificamente inammissibile.

Può essere opportuno ricordare che la finalità della scuola primaria è il “pieno sviluppo della persona, nelle sue dimensioni cognitive, emotive, affettive e sociali, corporee, etiche e religiose e l’acquisizione dei saperi irrinunciabili per lo sviluppo del pensiero riflessivo e critico, necessario per diventare cittadini consapevoli e responsabili”.

La valorizzazione della professionalità docente si ottiene pubblicizzando i lavori collegiali relativi alla progettazione formativa, educativa e dell’istruzione: la conoscenza dell’origine e del senso delle attività scolastiche condurrebbe all’abbattimento di molti luoghi comuni legati all’insegnamento.

Il voto muove in direzione opposta, velando i traguardi dei singoli processi d’apprendimento: difende il ruolo dell’insegnante, non la sua funzione; il senso di sudditanza e l’obbedienza acritica sono i suoi esiti, non essendo sostanzialmente legato alle differenti competenze da promuovere.

Enrico Maranzana