Il ministro dell’Istruzione, Mariastella Gelmini, non sembra voler dare ascolto a quegli intellettuali francesi intenzionati ad eliminare i voti su scala numerica nella scuola primaria: secondo Gelmini “proprio nei primi anni di scuola – ha spiegato Gelimini ad un quotidiano nazionale – quelli cruciali per la crescita, un bambino deve capire in modo chiaro se il lavoro che ha fatto va bene oppure no. Altrimenti che messaggio pedagogico gli diamo, che va sempre tutto bene?”. Per Gelmini è chiaro che “ci può essere una certa elasticità, ma questa tolleranza non va confusa con l’assenza di giudizio, che rischia di non far capire allo studente se sta eseguendo il percorso giusto o no. Non bisogna avere paura dei numeri – continua il ministro – semmai i genitori dovrebbero temere quei giudizi fumosi e quelle valutazioni astruse in cui si poteva dire tutto e il contrario di tutto”.
La proposta francese viene quindi bocciata, senza possibilità di replica: “L’appello degli intellettuali francesi – ha detto il Ministro – si richiama a un tipo di scuola e di visione che ho sempre contrastato: un modello dove va tutto bene ed è meglio cancellare la severità, altrimenti chissà cosa potrebbe succedere”.
Di parere completamente opposto si è detta la psicologa dell’età evolutiva Silvia Vegetti Finzi: “I voti alle elementari – ha dichiarato l’esperta di psiche giovanile – vanno cancellati: rischiano di porre l’accento soprattutto sulle carenze degli alunni, il rischio è di far finire i bambini schiacciati dal conformismo”.
La proposta francese viene quindi bocciata, senza possibilità di replica: “L’appello degli intellettuali francesi – ha detto il Ministro – si richiama a un tipo di scuola e di visione che ho sempre contrastato: un modello dove va tutto bene ed è meglio cancellare la severità, altrimenti chissà cosa potrebbe succedere”.
Di parere completamente opposto si è detta la psicologa dell’età evolutiva Silvia Vegetti Finzi: “I voti alle elementari – ha dichiarato l’esperta di psiche giovanile – vanno cancellati: rischiano di porre l’accento soprattutto sulle carenze degli alunni, il rischio è di far finire i bambini schiacciati dal conformismo”.
Chi avrà ragione? Senza entrare nel merito (ognuno avrà modo di esprimere il proprio giudizio, anche sulla base dei propri orientamenti, dei propri studi e delle esperienze personali di didattica e di insegnamento) è un dato di fatto che ci troviamo di fronte a delle visioni di scuola e di apprendimento profondamente diverse.