Voto ai 16enni anche in Italia, così com’è in diversi Paesi europei? Il 10° Rapporto di ricerca realizzato da “Generazione Proteo”, l’Osservatorio permanente sui giovani della Link Campus University diretto dal sociologo Nicola Ferrigni mostra che solo 1 giovane italiano su 3 (36,1%) di età compresa tra i 16 e i 17 anni vorrebbe poter votare prima del compimento del 18° anno, laddove invece – nel 2019 – i favorevoli erano più del 60%.
“Siamo in presenza di un’inversione di tendenza certamente significativa, ma che tuttavia non sorprende – dichiara Nicola Ferrigni, professore associato di Sociologia generale alla Link Campus University e direttore dell’Osservatorio nazionale sui giovani “Generazione Proteo” – perché riflette esattamente quella trasformazione che negli ultimi tre anni ha investito il contesto politico, sociale e culturale in cui viviamo. Quel desiderio di protagonismo attivo, che solo tre anni fa si inseriva all’interno di uno scenario di “rottura” e di rinnovamento, si scontra oggi, dopo il turbolento triennio pandemico, con l’imperativo di un ritorno alla normalità. In questo contesto, anche la spinta alla partecipazione elettorale da parte dei più giovani esce dalla propria dimensione puramente emozionale per acquisire una connotazione più marcatamente razionale”.
“La maggiore razionalità con cui i giovani si approcciano alla proposta di anticipare il voto a 16 anni – leggiamo nel comunicato di Generazione Proteo – si inserisce in un più generale contesto di crisi del loro rapporto con la politica, che mai come nel 2022 tocca i propri minimi storici: oltre 9 intervistati su 10 si sentono per nulla (72,2%) o poco (23,3%) ascoltati da una politica nei confronti della quale il 67,5% dichiara di aver perso completamente la fiducia nel corso dell’ultimo anno. Nel raffronto con le precedenti edizioni della ricerca, a diminuire sensibilmente è anche la curva dell’interesse dei giovani nei confronti della politica: se, nel 2020, a dirsi per nulla o poco interessato era il complessivo 57%, nel 2022 tale percentuale cresce di quasi sette punti percentuali, fino al 63,6%. A finire sul banco degli imputati è in particolare la classe politica, che gli intervistati considerano incompetente (28,6%), esibizionista (25,2%), disonesta (22%) e distante dai cittadini (17,5%)”.
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