E’ curioso l’impegno con cui in rete si stanno discutendo gli annunci del ministro dell’Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara relativi alla questione della valutazione del comportamento degli alunni: se ne parla, infatti, come se davvero fra qualche settimana ci possano essere nuove regole in materia. A seguito dell’escalation di fatti di violenza a scuola, nelle ultime settimane abbiamo più volte ascoltato, soprattutto da parlamentari della maggioranza, espressi di questo tipo: “adesso finalmente si cambia, basta con il lassismo, a scuola ci vuole severità e rigore”. Addirittura, l’on. leghista Rossano Sasso è arrivato a dire: “Faremo in modo che con un 7 in condotta il bullo di turno (come minimo) debba ripetere l’anno“. L’ex sottosegretario ha superato, per severità, anche le intenzioni del ministro Giuseppe Valditara, che qualche giorno prima sul voto di condotta aveva detto che “farà media alle medie, ma soprattutto con il sei in condotta si verrà rimandati a settembre e si dovranno studiare i valori di cittadinanza”.
Diverse testate giornalistiche, anche nazionali, si sono quindi lasciate andare a previsioni azzardate: in molti casi si è arrivati anche a scrivere che da settembre 2023 sulla condotta degli studenti “cambierà tutto”. Ma le cose stanno davvero così?
Il fatto è che a giugno, quando era esploso il problema degli studenti promossi con 9 in condotta anche se nei primi mesi di scuola avevano sparato (a salve) su una professoressa, il Ministro era subito intervenuto dicendo che da settembre la musica sarebbe cambiata, che sarebbero state introdotte misure più severe e molto precise.
Ovviamente chi non conosce a fondo i meccanismi che stanno alla base della normativa scolastica è stato indotto dalle parole del Ministro a credere che davvero a settembre ci sarebbero state nuove regole, anche perchè da Viale Trastevere giungevano rassicurazione di imminente pubblicazione di linee guida e di indicazioni operative.
Pareva insomma che sarebbe bastato un semplice decreto del ministro per cambiare tutto. Al ministero dell’Istruzione e del Merito era stato anche istituito un gruppo di lavoro con il compito di formulare proposte al Ministro.
Ed è proprio a questo punto che si sono presentati i primi problemi: gli esperti hanno appurato, infatti, che per cambiare le regole in vigore sul voto di condotta e sulle valutazione degli studenti, non è sufficiente un provvedimento del Ministro ma è indispensabile approvare un atto avente valore di legge dello Stato.
Al Ministero si e cominciato quindi a pensare alla formulazione di un decreto legge, che però avrebbe presentato subito una contro-indicazione: anche se fosse stato approvato subito, la sua conversione in legge sarebbe arrivata ad anno scolastico avviato. E cosa sarebbe quindi accaduto se il decreto avesse subito modifiche importanti durante la conversione?
Non c’è bisogno di essere degli indovini per capire che, in un contesto ad alta litigiosità legale come è ormai diventata la scuola italiana, si sarebbe aperta la strada a ricorsi e controricorsi.
E cosi, adesso, si scopre che il Ministro avrebbe deciso di affidare la “riforma” ad un disegno di legge ordinario. E il ddl potrebbe essere predisposto nei prossimi giorni.
Ma se il provvedimento dovrà andare in Parlamento, in entrambi i rami, come tutti i disegni di legge, a quel punto inizieranno le “trattative” fra le stesse forze di maggioranza per introdurre modifiche al testo, con inevitabile allungamento dei tempi (serviranno quindi diversi mesi): è difficile, infatti, che su un tema così “caldo” i parlamentari rinuncino a “mettere la propria bandierina” su questa o su quella modifica più o meno importante.
Ed è per tutti questi motivi che, francamente, ci lasciano piuttosto tiepidi le proteste di quanti stanno contestando le intenzioni del Ministro.
Cgil, Unione degli studenti, Coordinamento genitori democratici (e altri ancora) sono già intervenuti sottolineando che il “pugno duro” contro gli studenti “maleducati” o violenti non serve a nulla: per quanto ci riguarda noi pensiamo che, nel merito, abbiano anche buone ragioni, ma forse potrebbero anche pretendere di discutere sui fatti e non sugli annunci.