Categorie: Attualità

Vuole iscrivere il figlio come 33° in una classe. Il Ds si rifiuta ma il Tar lo ammette

Non solo perchè funzionario dello Stato, non posso tacere lo sconcerto per la decisione di un TAR di una regione del Nord, in merito alla pretesa di un genitore di iscrivere il proprio figlio, come 33^, ad una classe delle scuole superiori, nonostante il diniego del preside, per i limiti di capienza dell’aula, quindi per una sicurezza che è sempre più un optional nel mondo della scuola.

Due anni fa il ricorso al TAR, quindi la sospensiva. Ora questa assurda sentenza, comprensiva della condanna del pagamento delle spese. Con il suggerimento da parte della avvocatura dello Stato di lasciar perdere. La finezza del diritto a servizio del nostro cosiddetto “servizio pubblico”.

Due anni fa la sospensiva impose l’iscrizione, in quale situazione è facile immaginare. E poi parliamo di “classi pollaio”, di responsabilità diretta del DS per l’iscrizione oltre i 30 studenti, in una classe, considerati gli spazi, la vivibilità e la sicurezza. Tutto un bluff?

L’ennesima riprova del potere della burocrazia, ai vari livelli.

E se abolissimo i TAR, vista l’ignavia dei giudici amministrativi rispetto al merito delle questioni e a quell’etica della responsabilità che è cuore pulsante della vita delle scuole? Non è una provocazione, ma una domanda legittima.

Già Romano Prodi, qualche tempo fa, si era espresso per l’abolizione. Lui, in verità, aveva parlato non solo dei TAR ma anche dei Consigli di Stato.

In tempi di lotta alla burocrazia, non credo sia fuori luogo ritornare su questo problema aperto. Ben oltre la recente abolizione di alcune sedi distaccate e le polemiche sui privilegi e conflitti di interesse dei consiglieri di Stato.

Mentre negli altri Paesi, ricordava Prodi, queste istituzioni hanno limiti precisi, da noi hanno uno spazio di potere smisurato.

Ricorrere al Tar o al Consiglio di Stato è diventato da noi quasi un fatto normale. Ovviamente non per i meno abbienti.

E le conseguenze? Poco importano: ricorsi usati “per scopi che il buon senso ritiene del tutto estranei a un’efficace difesa dei diritti”.

Ricorrere al Tar o al Consiglio di Stato oggi è diventato lo strumento più efficace contro l’unica vera risorsa che ci può spingere oltre il burocratismo centralistico: l’etica della responsabilità. L’unico antidoto al dominante immobilismo del nostro sistema Paese. Oltre destra e sinistra, oltre i leader che, velocemente, cavalcano i palcoscenici nazionali e locali.

La contromisura? Non occorre essere dei giuristi: abolire la giustizia amministrativa ed accorparla alla giustizia ordinaria. Ovviamente riformata e semplificata, per garantire l’effettiva certezza del diritto, e poi della pena. Ma a chi interessa questa certezza?

Gianni Zen

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