“Signori è la terza volta, qui qualcuno ha un chiaro problema d’igiene e voglio sapere chi è”: è il testo di una madre esasperata rivolto agli altri genitori della classe.
Peccato che sia viaggiato su WhatsApp. E che lo strumento interattivo più utilizzato dopo Facebook ne contenga anche diversi sui docenti. Tipo questo: “Marco è tornato a casa e mi ha detto che la maestra Elena ha risposto ad almeno due sms durante la lezione di matematica. È successo anche ieri. A voi risulta?”.
A scriverlo è repubblica.it, che lancia anche l’allarme dei presidi. Secondo cui, i messaggini “sono diventati un detonatore di problemi che aumentano i conflitti nelle scuole. Troppo spesso mamme e papà li usano in maniera offensiva e smodata”.
La strumento, comodo e immediato, che nasce con le migliori intenzioni per scambiarsi inviti alle feste di compleanno, preziose informazioni sui compiti per chi è a casa malato, sul tipo di cartoncino (“Era liscio o ruvido?”) chiesto dalla maestra di Educazione all’immagine. Ma anche: “Scusate, mi potete confermare che domani si esce un’ora prima?”.
Laura Barbirato, preside del comprensivo Maffucci di Milano, interpellato sempre da repubblica.it, è preoccupata: questi gruppi interattivi possono “diventare armi a doppio taglio”. La ds ha anche mandato una lettera a tutti i genitori per metterli in guardia sull’uso scorretto di questi gruppi e ha convocato un’assemblea ad hoc sul tema. “In chat – spiega – questioni nate dal nulla possono trasformarsi in problemi enormi. Sono una cassa di risonanza micidiale e pericolosa: in tanti scrivono con leggerezza, senza riflettere sulle conseguenze”.
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È dello stesso avviso Mario Uboldi, che dirige l’istituto milanese Giovanni Pascoli: dice di essere stato costretto più volte a placare liti fra i genitori, o feroci polemiche contro insegnanti, dopo che mamme o papà si erano presentanti a scuola con in mano i testi della conversazione collettiva.
Così, è stato costretto a fare circolare, attraverso cui vietare categoricamente ai docenti di prender parte alle discussioni, ricordando la riservatezza cui sono tenuti. “la comunicazione corretta fra insegnanti e genitori avviene tramite diario e lo scambio di mail e telefono cellulare può essere accettato solo fra insegnanti e rappresentanti di classe, per informazioni urgenti”.
La leggerezza con cui si affrontano i temi su WhatsApp fa pensare: si raccontano intrusioni ed entrare a piedi uniti, da parte di genitori “illuminati”, pure sugli alunni disabili, con tanto di consigli e indicazioni alle maestre su come devono comportarsi. Sempre al fine di tutelare i loro figli “pargoli”, evidentemente, secondo il loro modo di pensare, minacciati, didatticamente parlando, dal compagno con problemi di apprendimento.
Della serie: se questo è il conto da pagare per avere i benefici delle nuove tecnologie interattive, era meglio quando stavamo peggio!
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