Ma il sistema di connessione internet di tipo Wi-Fi può essere dannoso per la salute?
L’interrogativo è d’obbligo, dopo che la nuova sindaca del capoluogo Piemontese, Chiara Appendino, ha messo prima a dieta i torinesi, incoraggiando la dieta “vegetariana” e “vegana” su tutto il territorio, e ora è passata alla cura “dimagrante” pure per i sistemi di connettività wireless, prospettando l’ipotesi di spegnere il Wi-Fi nelle scuole.
Il programma del governo locale redatto dai 5 Stelle riporta infatti a pagina 23 il seguente passaggio: “…riducendo il tempo e la quantità delle emissioni in modo che sia garantita la connettività per lo stretto necessario”.
Naturalmente la pubblicazione del programma sui principali siti di informazione, ha scatenato una forte polemica sul web, nonostante la stessa Appendino abbia usato Twitter per smentire o quanto meno per fare chiarezza sull’impostazione politica della sua amministrazione: “costruire un sistema a banda larga su tutta la città. Questo dice il mio programma a pag 58. Mai parlato di Wi-Fi “nocivo”.
Vedremo se la spunterà l’anima legata al mondo della rete del partito o quella vicina ai temi ambientalistici, in ogni caso il dubbio ai più nasce spontaneo.
Anche perché il fatto che il Wi-fi sia nocivo è tutto da dimostrare. Secondo quanto afferma Alessandro Vittorio Polichetti, ricercatore dell’Istituto superiore di sanità, “non ci sono ad oggi evidenze scientifiche di danni alla salute dei campi elettromagnetici a radiofrequenza generati dai sistemi wireless, né è stato identificato alcun meccanismo di interazione con il corpo umano che li possa far prevedere”.
Pertanto, conclude il ricercatore, “non esiste quindi nessuna base logica per raccomandare distanze limite dalle sorgenti (siano queste il computer o il router), o per limitare il tempo di esposizione.
La scienza sembra assolvere dunque il Wi-fi da qualsiasi ipotesi di effetti negativi sulla salute.
Qualche anno fa, fu condotta una ricerca in California per analizzare gli effetti dell’”intolleranza ai campi elettromagnetici” denominata “ipersensibilità elettromagnetica’, o EHS: su oltre duemila persone, l’ipersensibilità era dichiarata dal 3,5 per cento del campione. In Svezia, nella regione di Stoccolma, la prevalenza era dell’1,5 per cento. In Inghilterra, su 20 mila persone, del 4 per cento, in Svizzera del 5%. Dati quindi parecchio variabili e quindi un fenomeno che gli esperti non seppero ricondurre ad un filo comune troppo complesso ed eterogeneo nei comportamenti.
Tutti gli studi condotti ad oggi non evidenziano legami evidenti dell’uso del Wifi e disturbi sulla salute né nell’ambito delle funzioni cognitive, né su quelli relativi alla fertilità maschile, né tanto meno a quelli relativi ai disturbi neurologici.
L’ultimo rapporto dello Scientific Committee on Emerging and Newly Identified Health Risks (Scenhir) della Commissione europea ribadisce che non ci sono prove certe. Maria Rosaria Scarfì dell’Istituto per il Rilevamento Elettromagnetico dell’Ambiente del CNR, che ha partecipato allo studio conferma sottolineando che “invocare il principio di precauzione secondo cui, in assenza di una valutazione completa del rischio, è bene adottare un atteggiamento prudente, evitando in questo caso l’esposizione alle reti wireless, non è corretto: “È vero che il Wi-Fi è una tecnologia relativamente recente, ma sempre di campi elettromagnetici stiamo parlando. E questi si conoscono da tempo. La connessione senza fili a Internet è uno strumento prezioso. In assenza di prove certe, accusarla di rappresentare un pericolo non ha alcun senso”
Come rileva anche l’Istituto Superiore di Sanità, i livelli di esposizione (si pensi ad esempio ai comuni router od access point Wi-Fi installati in ufficio o a casa) sono poimolto inferiori ai limiti di esposizione raccomandati a livello internazionale e a quelli in vigore in Italia.
Per entrare ancora più nel merito è necessario prendere in considerazione alcuni fenomeni fisici che sono alla base dellostandard IEEE 802.11(Wi-Fi) e di tecnologie di comunicazione similari. I dati inviati e ricevuti via Wi-Fi, , si propagano attraverso onde elettromagnetiche. Queste provocano la variazione del campo elettrico e del campo magnetico nella zona circostante l’antenna. Uno degli aspetti più importanti è dunque quello relativo all’intensità dei campi elettromagnetici e le relative potenze in gioco.
In particolare, il segnale emesso da un router Wi-Fi o da una scheda wireless installata in un personal computer è tipicamente dell’ordine dei 100 milliwatt, ben al di sotto della soglia considerabile come potenzialmente pericolosa (un forno a microonde irradia ad esempio una potenza di circa 1.000 watt che comunque, grazie alle norme costruttive in vigore, confinano la quasi totalità della radiazione nel vano interno).
Infine, la potenza del segnale Wi-Fi decresce molto rapidamente mano a mano che ci si allontana dal router o dall’access point.
Wi-Fi pericoloso per la salute? Sicuramente eccoci davanti ad un altro falso mito da sfatare.
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