Lo fa rilevare Il Sole 24 Ore che scrive: L’articolo uno del decreto seppellisce ogni speranza per la scuola primaria e lascia aperto solo uno spioncino alla media definendo destinatari dei soldi “le istituzioni scolastiche statali secondarie, con priorità riconosciuta alle istituzioni scolastiche secondarie di secondo grado”. E infatti Carrozza pare abbia dimenticato che le scuole secondarie superiori si trovano, nella maggior parte dei casi in città dove è più facile trovare la banda larga e la connettività, mentre nei paesini da tre mila, cinque mila abitanti resta un miraggio.
A dirlo, scrive sempre il Sole, è anche il rapporto della Confederazione italiana agricoltori secondo cui nelle aree rurali soltanto il 17 per cento degli abitanti può contare su una connessione costante e di qualità, contro l’89 per cento delle aree urbane.
C’è una “periferia” del Paese dove dovremmo investire rendendo la banda larga realtà e la rete WiFi una consuetudine.
I dati Eurispes – Telefono Azzurro sono altrettanto eloquenti nel dimostrare quali sono le scuole che soffrono di mancanza di connettività: gli studenti che non usano mai la rete nella scuola primaria sono il 56,4% mentre alle secondarie il 46,2%. Stessa disparità per l’uso della lavagna interattiva: ad usarla ogni giorno alle secondarie sono il 17,6% mentre alle elementari solo il 10,5%.
Se per un verso dunque si addossa ai docenti la colpa di essere analfabeti digitali, dall’altro manca la possibilità di essere dei docenti 2.0 a causa dell’assenza di wirelles o di banda larga, mentre iniziare a fare una didattica 2.0 usando tablet, lavagne multimediali, personal computer, significa fare crescere i bambini delle periferie senza deficit tecnologico, arrivando ai gradi delle scuole superiori con le competenze digitali appropriate, capaci di usare un motore di ricerca.
L’obiettivo principale dello stanziamento è incrementare l’uso di contenuti digitali in aula da parte degli insegnanti e, soprattutto, degli studenti ma puntando e investendo sui nostri cittadini più piccoli, guardando non tanto al domani ma al dopo domani della scuola italiana.