Partiamo dai dati portati dal Professor Andrea Cammelli presidente Almalaurea che mostrano un’Italia che spende per l’Università l’1% del Prodotto interno lordo, molto meno della media Ocse, posizionandosi in fondo alla scala.
La Germania investe più del doppio, la Svezia il 2,25 in più. Come ricerca e sviluppo siamo allo 0,68% del Pil come investimenti privati (1,26 il totale), la Germania è all’1,88. Gli iscritti all’università sono calati del 17% dal 2003 al 2011, solo il 30% dei diciannovenni s’iscrive all’università, solo il 37% dei manager è laureato, il 15% ha unicamente la scuola dell’obbligo. Eppure i laureati hanno una “occupabilità” del 13-14% superiore ai diplomati e anche le retribuzioni complessive sono superiori. Il dato più preoccupante è quello riguardante i manager del nostro Paese, ovvero il fatto che solo il 37% di loro è laureato.
Questo dato fa molto riflettere, soprattutto se correlato alla occupazione qualificata in Italia, già analizzata dal XV Rapporto ALMALAUREA sulla condizione occupazionale dei laureati. Infatti, in tale rapporto si dice: “Anche nel 2011 si conferma in Italia un’ulteriore riduzione della quota di occupati nelle professioni ad alta specializzazione, in controtendenza rispetto al complesso dei paesi dell’Unione Europea. Questo comportamento, messo in relazione alla dinamica sfavorevole degli investimenti in capitale fisso, ha contribuito ad aumentare la divaricazione con la media europea sino a portarla da un valore di 4 punti percentuali (2008) ad uno di 6,9 (2011). Una valutazione ancora più severa è dovuta se si pensa che nella categoria comprendente “legislatori, imprenditori e alta dirigenza” la percentuale di laureati è – in termini comparati – molto limitata “.
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